La crisi annunciata e temuta, da giorni ha indotto ristoratori e baristi fiorentini a uscire dal supermercato con cinquanta o sessanta bottiglie di olio alla volta, i carrelli pieni di prodotti non deperibili. Scorte per giocare d`anticipo sui rincari causati dall`invasione russa dell`Ucraina. O per scacciare il timore di rimanere con i magazzini vuoti. Così Unicoop Firenze è corsa ai ripari: tetto agli acquisti di farina, olio e zucchero, massimo quattro confezioni per ogni scontrino.
Non perché si rischi effettivamente di svuotare gli scaffali, assicurano dall`azienda, ma la via del razionamento si è resa necessaria per non accentuare le tensioni sui prezzi e tutelare i clienti soci. È un caso finora isolato, ma che dice molto delle preoccupazioni di tutta la filiera dell`agroalimentare per la spesa al tempo della guerra: materie prime introvabili e benzina e bollette alle stelle mandano sottosopra coltivatori, allevatori, trasformatori, distributori e rivenditori.
E se già PIstat a febbraio ha rilevato rincari del 4, 2% sul cibo, ora Federdistribuzione stima che si salirà rapidamente di un paio di punti: “Finora la grande distribuzione è riuscita a contenere i prezzi – spiega Carlo Alberto Buttarelli, direttore dell`Ufficio studi e delle relazioni di filiera dell`associazione – ma non potrà andare avanti a lungo, le tensioni sono troppo forti sia sugli alimenti che sul packaging e i costi di trasporto”. Il problema delle forniture finora si è visto solo sul mercato del pesce. È la conseguenza della protesta dei pescherecci,
fermi da una settimana perché il prezzo del gasolio- che da solo vale il 50% dei costi per le aziende del settore- è triplicato in un anno. Dunque prodotto fresco dalle coste italiane ne sta arrivando pochissimo, solo dalle piccole imprese che non aderiscono alla protesta o dagli allevamenti, e il prezzo è schizzato tra il 30 e il 40% in pochi giorni. Trend destinato a rientrare con la fine dello sciopero? Non è scontato, perché i pescherecci dovranno in qualche modo rientrare dal caro-gasolio e, verosimilmente, lo faranno alzando i prezzi.
La guerra nell`Ucraina granaio d`Europa ha mandato gambe all`aria tutto il mercato dei cereali: il prezzo è aumentato del 50% in due settimane e ieri Kiev ha bloccato tutte le esportazioni, così come avevano fatto nei giorni scorsi Ungheria e Bulgaria. “Con il blocco dei trasporti nel Mar Nero, l`unica alternativa è il passaggio via terra, ma Budapest sta ostacolando tutti anche sul piano logistico, è un Paese dell`Ue e non può farlo, Bruxelles deve intervenire” dice Ivano Vacondio, presidente di Federalimentare. Per i cereali dunque il problema è duplice: di prezzo e di forniture. In alcuni casi, come per i biscotti fatti con l`olio di semi di girasole, bisognerà cercare ricette alternative.
Ma per zootecnia e agricoltura un piano B non esiste. Si procede mettendo pezze qua e là. Coldiretti annuncia di essere pronta ad aumentare la produzione italiana di 75 milioni di tonnellate di mais e grano a danno di altre colture, anche perché ora produrre cereali è conveniente, molti allevatori hanno già iniziato a razionare il mangime per gli animali. Conseguenze? La prima: si rischia di dover macellare in anticipo suini e bovini, con buona pace degli standard qualitativi previsti dalle DOP. La seconda: aumenterà l`offerta di carne sui mercati, dando un`altra spinta ai prezzi. Ecco perché al momento gli operatori assicurano che sono immotivate scene di panico come quelle delle scorse ore a Sassari, dove centinaia di persone, per colpa di un falso allarme hanno dato l`assalto ai supermercati temendo che le scorte di cibo stessero per esaurirsi.
Il pericolo concreto è che l`aumento dei prezzi sfugga di mano: la spesa sta rincarando a ritmi che non si vedevano da mezzo secolo e continuerà a farlo perché il conflitto peserà sulle relazioni commerciali. “I consumatori se ne sono accorti subito, la spesa alimentare sta già rallentando” dice Federdistribuzione.
Fonte: Secolo XIX