Agrisole.
E’ la più antica Dop delle Marche – riconosciuta nel lontano 1982 – e punta ora a un forte rilancio, chiedendo spazio e sostegno alla nuova programmazione 2014-2020 del Psr. Parliamo della Casciotta di Urbino DOP, una caciotta che si presenta in forme variabili tra gli 800 e i 1.200 grammi, dove la «s» – che ne dà originalità al nome – più che una semplice inflessione dialettale racchiude l’identità di una produzione fortemente radicata nella provincia di Pesaro. Una filiera che vede protagonisti 48 allevamenti (36 ovini e 12 bovini) e 3 caseifici, per 550 addetti compreso l’indotto, dove la produzione annuale si attesta sulle 220 tonnellate che garantiscono un fatturato di circa 4 milioni, di cui 1 generato dai soci alla produzione e i restanti 3 dai soci al consumo. «Piccoli numeri, ma potenzialità sicuramente importanti – osserva il coordinatore del Consorzio di Tutela, Paolo Cesaretti.
Il giro d’affari è pari a 4 milioni con grandi potenzialità di crescita no di sviluppo rurale, sia riservata una priorità alle aziende impegnate nelle produzioni a denominazione d’origine protetta. Per la Casciotta d’Urbino DOP le aspettative sono numerose. Perché c’è piena volontà nella filiera di migliorare le condizioni di allevamento tanto degli ovini (quasi 10mila capi) quanto dei bovini da latte (poco meno di un migliaio), ma anche di favorire una attività pilota con l’inserimento di nuove razze ovine più produttive. Sempre per quanto riguarda gli allevamenti, non potrà essere persa di vista l’attenzione contro gli animali selvatici: in questo senso cani da guardiana e recinzioni per preservare le greggi diventano indispensabili a fronte delle significative perdite lamentate dai pastori. Sarà poi fondamentale anche favorire gli investi menti dei caseifici per la razionalizzazione e il miglioramento dei processi produttivi. Ultima, ma non certo per ordine di importanza, l’attività di promozione, per far conoscere un prodotto di altissima qualità».