L’Adige
Per qualcuno la mozzarella è solo quella speciale di bufala, per altri – forse per la maggior parte dei consumatori – è quella più comune, fatta con il latte vaccino. Se viene chiesta una mozzarella, dunque, che si intende? È attorno a questo punto che è ruotata la discussione in aula, nel procedimento a carico di Stefania Laera, titolare della «Latteria del Sole», il caseificio artigianale che offre a Trento i prodotti caseari della tradizione pugliese, fra cui, appunto, la mozzarella di latte vaccino e la «fior di bufala». La vicenda che ha portato la donna in un’aula del tribunale ha inizio con un controllo degli uomini della Forestale per conto del Ministero, nel maggio 2013. Un controllo di routine, che ha riguardato da una parte la correttezza delle certificazioni e dei documenti (sulla provenienza del latte, ad esempio), dall’altra la tipologia dei prodotti in vendita. Tutto a posto, se non fosse per l’esito degli esami di laboratorio su una mozzarella: denominata «fior di bufala» conteneva solo in minima parte il latte di bufala, mescolato a latte vaccino.
Di qui la segnalazione alla Procura e il decreto penale di condanna (1.500 euro di ammenda), a cui la signora Laera, assistita dall’avvocato Maria Cristina Osele, si era opposta. Ma la pena è stata confermata nei giorni scorsi dal giudice Guglielmo Avolio, con ammenda raddoppiata: 3mila euro.