La Brexit rende le esportazioni agroalimentari italiane nel Regno Unito più difficili. E complica la gestione della politica agricola comune oltre che l’adeguata difesa del buon nome dell’agroalimentare sui mercati anglosassoni. Per l’agricoltura e l’industria alimentare italiane, la scelta dei cittadini inglesi pesa molto visto che il giro d’affari in gioco è di quelli miliardari. Anche se, forse, a pagare lo scotto dell’essere fuori dall’Europa saranno forse più gli inglesi. E’ ancora presto per valutare gli effetti dell’addio. Ma il salto c’è stato, occorre rispondere in maniera efficace. Anche con negoziati contenuti nei tempi.
Qualche numero è già stato stimato. La Gran Bretagna è il quarto sbocco estero dei prodotti agroalimentari nazionali con un valore annuale nel 2015 di ben 3,2 miliardi ed una tendenza progressiva all’aumento. A fare la parte del leone una serie di prodotti d’esportazione di primo piano. Prima di tutto il vino, che significa un mercato da 746 milioni di euro in aumento nel primo trimestre di quest’anno del 7%. In fila, per questo comparto, praticamente tutti i più bei nomi della vitivinicoltura dello Stivale. Ad iniziare dal Prosecco DOP che nel Regno Unito significa da solo un giro d’affari di 275 milioni.
Dopo il vino è la pasta la seconda voce dell’export con circa 332 milioni di euro seguita a ruota dall’ortofrutta con 281 milioni. Senza contare i formaggi che valgono la bella cifra di oltre 200 milioni (anche in questo caso con alcuni dei migliori nomi come il Parmigiano Reggiano DOP e la Mozzarella di Bufala Campana DOP). Chiude la lista l’olio di oliva con vendite per circa 14 milioni, anch’esse valutate in crescita quest’anno.
Il commento di Paolo De Castro, europarlamentare, membro della commissione Agricoltura e sviluppo rurale dell’Ue: “Questo è il momento di rilanciare l’Ue, con una maggiore spinta verso l’unità. Occorre cogliere questa decisione del popolo inglese, che va rispettata, come un’opportunità per l’Europa. E spero che sia questa la strada che i leader europei intraprenderanno nelle prossime ore”.
Quanto al business per le aziende italiane del settore food, De Castro ha parole rassicuranti: “I problemi sono inglesi, non europei, questo va chiarito. Anche se si tratta di una battuta d’arresto e di una pagina triste per l’Inghilterra, l’Europa va avanti, non ci sono problemi. Continueremo a vendere i nostri prodotti agli inglesi, che non smetteranno di acquistarli. Certo il problema sarà che dovremo negoziare un nuovo trattato con l’Inghilterra. E non è detto che gli inglesi continueranno a godere di tutti i benefici che gli derivavano dall’appartenenza all’Unione. Ma avremo tempo due anni per questo. Nell’immediato, le ripercussioni sono tutte finanziare. Ne pagherà il prezzo la sterlina, come già sta accadendo, e quelle aziende che guardavano alla City come capitale finanziaria, che oggi si sposterà verso Francoforte”.
Fonte: Avvenire, alimentando.info