La spesa alimentare degli italiani ha fatto segnare nel 2015 un andamento positivo, secondo il Rapporto annuale dell’Istat, riuscendo anche a rafforzare la sua incidenza sul totale della spesa familiare: dal 17,5% del 2014 si è arrivati al 17,7% nel 2015. Per il reparto alimentare la crescita è stata migliore con un +1,2% annuo rispetto alla dinamica generale dei consumi nel Paese che ha registrato un +0,4% complessivo. I livelli di spesa calcolati dall’Istat attribuiscono l’importo più elevato al segmento dei proteici, con carni, latte, formaggi e uova che rappresentano, insieme, un 35% abbondante di quota sul totale alimentari: se si aggiungono pesci e prodotti ittici, si arriva a sfiorare il 44%. Significativa (al 16,7%) anche l’incidenza dei derivati dei cereali, che includono pasta, riso, pane e prodotti da forno, capisaldi della dieta nazionale.
CATEGORIE – Un altro 13% abbondante della spesa alimentare le statistiche lo attribuiscono agli ortaggi, a cui si aggiunge il 9,2% della frutta. Un reparto, quest’ultimo, che si è mostrato particolarmente virtuoso nel corso del 2015, mettendo a segno un progresso del +4,5%. La spesa è poi aumentata di oltre il +4% per succhi di frutta e verdura, acque minerali e bevande. Oli e grassi hanno potuto archiviare un generoso +3,8% di incremento, pesci e prodotti ittici un altrettanto significativo +2,7%. Altra importante evidenza è la stabilizzazione, accompagnata da una lieve ripresa, delle carni, dopo un ciclo negativo durato quattro anni. L’unico segno meno resta quello di latte, formaggi e uova, categoria che ha subito, in netta controtendenza, una contrazione della spesa del -1,2%.
PREZZI – Occorre sottolineare che nel 2015 l’andamento dei prezzi per il settore alimentare ha determinato differenze talvolta anche sostanziali rispetto all’anno precedente. Per alimentari e bevande analcoliche il 2015 ha chiuso con un aumento dei prezzi al consumo del +1,1%: l’inflazione ha perciò contribuito ad aumentare la spesa degli italiani, tanto più per quei capitoli più “caldi” come oli e grassi, prodotti ittici, frutta e verdure: insomma, guardando alla variazione quantitativa degli acquisti di generi alimentari non si registrano di fatto scostamenti importanti rispetto al 2014, per cui è necessario considerare l’effetto-prezzo sull’aumento della spesa alimentare nazionale.
AREE TERRITORIALI – Infine, il Rapporto sui consumi delle famiglie italiane conferma anche le differenze territoriali, note da tempo. Basti considerare che se a livello nazionale, come detto, la quota della spesa alimentare si attesta al 17,7% del totale, la stessa incidenza sale al 22,1% nelle regioni del Sud e al 21,6% nelle Isole, mentre e inferiore al 16% al Nord e si ferma al 17,5% al Centro.
Fonte: L’Informatore Agrario