Una volta erano Parma con la sua food valley (anche se ancora non era chiamata così), la Toscana col Chiantishire e poco altro. Adesso invece l`Italia del vino e del cibo di qualità appare come un universo policentrico e che in anni recenti insieme al tumultuoso sviluppo dei prodotti DOP e IGP ha visto nascere e rafforzarsi molteplici distretti produttivi, spesso attorno a più di un prodotto in modo da proporre ai mercati anche esteri un vero e proprio menu a denominazione d`origine, finendo così anche per esercitare un significativo richiamo turistico sui territori.
È quanto emerge dal Rapporto 2019 di Ismea e Qualivita sui prodotti DOP IGP italiani diffuso nei giorni scorsi. Un rapporto dal quale aldilà dei numeri generali (16,2 miliardi di valore alla produzione, +6% in un anno, export oltre i 9 miliardi, +2,5% con spedizioni più che triplicate dal 2008) consente di cogliere anche il rilevante impatto territoriale dell`universo DOP e IGP. Un impatto che vede in ben cinque regioni italiane realizzare un fatturato a denominazione d`origine superiore al miliardo di euro.
Si tratta di Veneto (che tra vino e prodotti alimentari registra un giro d`affari DOP superiore ai 3,9 miliardi), Emilia Romagna (3,41 miliar- di con le portaerei Grana, Parmigiano, Prosciutto di Parma e Aceto Balsamico), Lombardia (1,96 miliardi), Piemonte (1,23) e Toscana (mi). “Negli ultimi anni sta emergendo con forza – spiega il direttore della Fondazione Qualivita, Mauro Rosati – lo sviluppo e il consolidamento di alcuni nuovi distretti alimentari intermedi, anche al Sud. Aspetto importante perché fino a non molto tempo fa la DOP economy sembrava una questione solo del Centro Nord del Paese. Insomma laddove una volta c`era solo la ‘food valley’ emiliana oggi c’è ad esempio l’ampia area tra Napoli e Caserta dove nascono produzioni come la Mozzarella di Bufala Campana DOP, la Pasta di Gragnano IGP e il Pomodoro San Marzano DOP. Non a caso i primi due consorzi proprio nei giorni scorsi hanno avviato una partnership per realizzare iniziative promozionali in comune. Ma molto interessante è anche il distretto che sta nascendo nella Sicilia Orientale e che può contare sull’Arancia Rossa di Sicilia IGP, sul Cioccolato di Modica IGPp e sui vini dell’Etna DOP”.
Se nelle regioni del Mezzogiorno si sviluppano nuovi distretti nel Centro Nord si arricchiscono i panieri a denominazione d’origine. “Penso al Veneto – aggiunge Rosati – dove al traino delle due macrodenominazioni del vino, Prosecco e Pinot Grigio, sono cresciute le produzioni casearie (le DOP Asiago, Montasio, Piave) mentre il Radicchio di Treviso IGP attraverso le insalate della IV gamma è approdato nella grande distribuzione di tutt’Italia. In Toscana invece, all’ombra dei grandi vini e dell’Olio Toscano IGP già presenti da anni il paniere si è allargato ai salumi (prosciutto Toscano DOp e Finocchiona IGP) il Pecorino Toscano DOP, fino ai prodotti da forno come il Pane Toscano DOP e i Cantuccini IGP”.
La doppia dimensione del paniere DOP IGP, da un lato export oriented, dall`altro volano di sviluppo dei territori è sintetizzata dai dati elaborati da Ismea. “Secondo una nostra elaborazione – spiega il dirigente di Ismea Fabio Del Bravo – ben 7.82o comuni italiani sui 7.927 totali, ovvero i199,9% sono coinvolti almeno in una produzione DOP IGP. Questa grande diffusione territoriale fa il paio con una forte propensione all’export. Oggi il paniere DOP IGP copre una quota del 21% delle esportazioni agroalimentari italiane. E nell`ultimo anno ha compensato le flessioni registrate in alcuni mercati storici come Usa, Francia e Germania con incrementi in doppia cifra in Canada, Paesi Bassi, Svizzera e Australia”. L’altro elemento che sembra aver contrassegnato lo sviluppo recente dell`universo dei prodotti DOP IGP è il rinnovato rapporto con l’industria alimentare. (…)
Fonte: Sole 24 Ore