Dal Brunello di Montalcino DOP al Prosecco DOP: chi non teme dazi e conflitti. Inflazione, tensioni e possibili tariffe Usa non fermano il mercato vitivinicolo italiano: l’export nei primi 8 mesi di quest’anno sale a 5,17 miliardi (+4,6% sul 2023). Il rosso è in calo, crescono gli spumanti.
Ci sono luci. Come la buona performance del Brunello di Montalcino DOP sul mercato americano nei primi 9 mesi di quest’anno: in una cornice depressa, con risultati negativi per i vini rossi fermi, non solo italiani, il Brunello ha messo a segno una crescita del +5% a volume e dell’1% a valore, piazzandosi anche al vertice del mercato luxury statunitense.
Non solo. È un progetto importante la creazione di un distretto della spumantistica umbra, nella fascia appenninica Eugubino Gualdese, che coinvolge le aziende agricole Semonte e Arnaldo Caprai. L’obiettivo è valorizzare zone montane abbandonate, offrendo alla vite un territorio più idoneo di fronte allo stravolgimento climatico in atto.
Sono solo due tra i molti esempi di vitalità e capacità progettuale del comparto vitivinicolo italiano, in procinto di chiudere una delle sue annate più complesse e in vista di difficili sfide. “Inflazione, salutiamo e geopolitica hanno pesato sul mercato del vino e continueranno a farlo anche nel 2025”, sottolinea Alessandro Regoli, direttore di Winenews, sito di riferimento del settore, sintetizzando lo scenario tracciato da Iwsr-International wine & spirits research.
Tra le ombre, oltre a quelle dovute ai conflitti aperti in Ucraina e Medio Oriente, ci sono preoccupazioni per la riforma delle imposte sugli alcolici nel Regno Unito (da febbraio 2025) e
per le politiche che Donald Trump, rieletto presidente degli Stati Uniti, vorrà attuare in quello che è il primo mercato del vino al mondo e dove si temono nuovi dazi.
La riprova del peso della piazza Usa per gli operatori italiani arriva anche dai dati Istat dell’export del vino italiano nei primi 8 mesi del 2024, analizzati da Winenews. Le esportazioni hanno raggiunto i 5,17 miliardi di euro di valore, con un incremento del +4,6% sul 2023.
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Ma che cosa si compra? Puntando i riflettori questa volta sui consumi fuori casa, l’indagine registra una maggiore propensione per gli spumanti (63,4%) rispetto ai vini fermi (61%). Un risultato legato anche alle occasioni di consumo, che sono sempre più focalizzate sull’aperitivo a ogni età.
La riprova di questa preferenza è anche nell’ultima rilevazione delle vendite di vino nella Gdo, registrata a settembre dall’Osservatorio Uiv-Ismea. In un contesto stagnante, con vendite che dimagriscono dell’1% in volume e crescono in valore (+1% per un totale di 2,1 miliardi), è la categoria degli spumanti che aiuta il risultato complessivo, grazie a una crescita del +4%.
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Fonte: L’Economia – Corriere della Sera