Le bevande spiritose a Indicazione Geografica e la loro storia sono ormai una bussola per un turismo di qualità sui territori
È tempo di vacanze e di “spiriturismo” a base di bevande spiritose. Ogni anno cambiano i trend, i posti alla moda, i soldi a disposizione e – spesso – la compagnia. Gli italiani negli anni sono passati dalla villeggiatura – aristocratica e sonnolenta, capace di svuotare le città fino a settembre – alle ferie, più democratiche certo, ma che hanno dovuto lasciare qualcosa sul banco del cambio.
Secondo i dati saranno 19,5 milioni gli italiani in partenza entro la fine di agosto e oltre la metà (57%) opterà per soggiorni di oltre una settimana – rivela lo studio di Roberta Garibaldi sulle vacanze del 2024.
In cima alla classifica dei desideri estivi, troviamo il godere del paesaggio rurale (30,4%) e delle esperienze culinarie nei ristoranti (30,1%). Queste ultime assai apprezzate sia dai più giovani che dai senior. A seguire ci sono eventi e festival tematici (21%), esperienze legate al benessere e visite in tutti luoghi di produzione, come distillerie e cantine, confermando la passione profonda e l’interesse a 360 gradi verso il mondo degli spirits. I più attivi sono i giovani tra i 25 e 34 anni. Il loro livello di interesse è complessivamente superiore di quattro punti percentuali rispetto alla media, con picchi per le esperienze di benessere, quali proposte attive come trekking e tour in mountain bike all’insegna del gusto (+8,9%).
Abbiamo quindi la voglia di viaggiare e la volontà di dedicare tempo alla scoperta dei luoghi originari degli spirits. Cosa manca? Una mappa per non smarrirsi, o peggio ancora girare a vuoto. A fornirla – in modo non del tutto inconsapevole – è l’Unione Europea, con la registrazione delle Indicazioni Geografiche delle bevande.
Secondo la definizione, l’indicazione geografica identifica bevande spiritose come originaria del territorio di un paese e come portatrice di determinate qualità o di una specifica reputazione proprio grazie al territorio dal quale proviene.In altre parole, mentre liquori come brandy, acquavite di vino, acquavite di vinaccia, vodka e whisky sono categorie generiche e possono essere prodotti ovunque nell’UE, Brandy de Jerez IG, Ratafià ciociara IG, Scotch Whisky IG o Mirto di Sardegna IG sono esempi di indicazioni geografiche UE che possono essere prodotte solo nell’area nominata e protetta. Hanno una reputazione internazionale e sono una fonte di crescita e posti di lavoro in Europa perché la produzione non può essere trasferita altrove.
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Una mappa preziosa che l’Europa consegna a chiunque voglia esplorare la vita degli alcolici, scoprire la ricchezza che hanno da offrire e incontrare coloro che producono con passione la straordinaria gamma di bevande di qualità. Perché – come spiega bene Spirits Europe – “la comprensione degli alcolici europei va oltre le vendite all’esportazione, le entrate fiscali generate e i contributi netti all’economia europea. Riguarda i prodotti unici e le persone che sono impegnate nella produzione e nella vendita delle nostre grappe, whisky, gin e brandy.”
L’approvazione della bozza di Regolamento delle Indicazioni Geografiche dell’Unione Europea da parte della Commissione Agricoltura e Sviluppo Rurale del Parlamento UE, avvenuta il 20 aprile 2023, ha portato – tra i primi risultati – l’attribuzione ai Consorzi di un ruolo istituzionale nella promozione del “Turismo DOP”, ossia il turismo legato a i prodotti a Indicazione Geografica.
Siamo convinti – afferma Mauro Rosati, Direttore Generale Fondazione Qualivita – che il “Turismo DOP” in questa forma possa rivelarsi, anche per le piccole filiere a Indicazione Geografica, un vero volano per lo sviluppo delle produzioni e soprattutto dei territori. Per quanto riguarda il settore specifico DOP IGP, l’Osservatorio Qualivita, solo nel 2022, ha contato oltre 230 eventi organizzati dai Consorzi di tutela fra degustazioni, visite outodoor, festival e iniziative che hanno risposto alla richiesta dei cittadini di esperienze vere nei territori del cibo, del vino e degli spirits. E in molti casi proprio le piccole filiere, che più di altre hanno subito gli effetti legati alla pandemia e alla contrazione di alcuni canali distributivi, sono riuscite a dare una riposta concreta attraverso iniziative di vendita diretta e incoming turistico offrendo esperienze enogastronomiche qualificate”.
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Fonte: Spirito Autoctono