Dal palcoscenico della Fiera di Parma le imprese alimentari italiane hanno aperto un nuovo fronte di fuoco contro il Nutriscore, la cosiddetta etichetta a semaforo che una parte della Ue vorrebbe adottare e che penalizza gli alimenti ricchi di sali, grassi e zuccheri indipendentemente dalla quantità che se ne consuma. «Siamo contrari al NutriScore», ha detto senza mezzi termini l’ad di Conad, Francesco Pugliese. La sua è una dichiarazione importante: è la prima volta non solo in Italia, ma addirittura in Europa, che un grande gruppo della distribuzione si schiera contro le etichette a semaforo. A spingere il Nutriscore nei corridoi di Bruxelles, infatti, sono da sempre soprattutto le grandi multinazionali e le catene della Gdo.
Per questo la scelta di Conad apre una breccia importante: «La sua presa di posizione chiara e netta rafforza il sistema di etichettatura proposto dall`Italia, nell’interesse delle imprese agroalimentari e dei consumatori», spiega l’ex ministro Paolo De Castro, oggi coordinatore S&D alla commissione Agricoltura del Parlamento europeo, tra gli alfieri della battaglia italiana a Bruxelles contro le etichette a semaforo. «L’annuncio pubblico di Pugliese – ha aggiunto De Castro, anche lui ieri a Parma – arriva in una fase particolarmente delicata e importante che prelude alla proposta normativa della Commissione europea, attesa nella primavera 2022, di un sistema di etichettatura nutrizionale armonizzato tra i 27 Paesi Ue».
Quella italiana contro le etichette a semaforo è una sfida che vede l`Italia compatta e da tempo supportata anche dal governo: «Io ho la sensazione che il progetto del Nutriscore si stia dissolvendo – ha detto ieri il ministro dell’Agricoltura, Stefano Patuanelli, intervenendo alla seconda giornata di Cibus -. Ci sono le condizioni perché altri stati membri della Ue come la Spagna, la Slovenia e altri ancora supporteranno la nostra posizione».
A Parma il ministro Patuanelli ha anche anticipato che la prossima settimana il suo dicastero, insieme all’Ismea, presenterà uno strumento finanziario destinato a sostenere i progetti di sviluppo della filiera agroalimentare, dalla produzione agricola fino alla distribuzione: «È uno strumento finanziario che consentirà di capitalizzare le imprese, perché molte di loro hanno difficoltà a essere patrimonializzate e quindi ad avere accesso agli strumenti finanziari. In pratica, l’imprenditore agricolo che investe nel suo capitale avrà un accompagnamento da parte di Ismea».
In fatto di capitalizzazione, chi si occupa di prodotti a Indicazione geografica – in Italia oggi si contano 876 Ig – potrebbe giocarsi una marcia in più: «È ormai chiaro che serve patrimonializzare e finanziare la crescita delle Pmi agroalimentari italiane per aumentare il potenziale di offerta all`estero – ha detto a Cibus Mauro Rosati, dg della Fondazione Qualivita – le Indicazioni geografiche, se ben gestite, rappresentano asset intangibili capaci di dare alle imprese valori di mercato molto più elevati di quelli attuali».
Fonte: Il Sole 24 Ore