L’Università degli Studi di Milano ha pubblicato, sulla rivista Food Policy, una ricerca che indaga come la politica comunitaria sulle Indicazioni Geografiche possa incentivare o limitare l’innovazione nelle imprese agroalimentari europee. I risultati rivelano che le IG sono alleate dell’innovazione soprattutto nelle regioni meno sviluppate dal punto di vista tecnologico
Le Indicazioni Geografiche costituiscono un pilastro cruciale dell’economia agroalimentare dell’Unione Europea, con oltre 1.300 denominazioni e vendite per circa 77,15 miliardi di euro nel 2017. L’adozione di questa politica, iniziata nel 1992 con il regolamento 2081/92, e modificata successivamente dai Regolamenti 510/2006 e 1151/2012, ha visto una crescita significativa sia nel numero di prodotti registrati che nei volumi e nel valore delle vendite.
Questo successo può essere attribuito a diversi fattori, tra cui la capacità di tali certificazioni di differenziare i prodotti presenti sul mercato, di proteggere le denominazioni a livello internazionale ed il loro effetto sulle economie regionali. Un aspetto poco esplorato riguarda l’effetto delle IG sulla capacità innovativa delle imprese agroalimentari e delle regioni all’interno dell’UE.
Un aspetto critico delle IG, infatti, risulta essere legato alla comprensione di come queste possano incoraggiare o frenare strategie economiche a lungo termine basate sull’innovazione. Tale aspetto è determinante per poter valutare l’efficacia del Regolamento europeo in chiave di sostenibilità economica e sviluppo sostenibile.
Comprendere la capacità delle IG di produrre effetti di ricaduta stimolando l’innovazione è determinante per valutarne l’adeguatezza nel raggiungimento di un sistema alimentare sostenibile e competitivo, in grado di rispondere alle mutevoli preferenze qualitative dei consumatori e alle criticità globali. La letteratura esistente sulla relazione fra IG e innovazione è piuttosto controversa e non sono emerse evidenze quantitative che stabiliscano una valutazione condivisa della loro possibile interazione.
La distribuzione territoriale delle IG e delle innovazioni agroalimentari (intese come brevetti in questo lavoro), sembra suggerire una polarizzazione tra le regioni dell’UE. Le IG sono presenti soprattutto nelle regioni del Mediterraneo (Fig. 1), mentre i brevetti agroalimentari sono concentrati principalmente nelle regioni centrali e settentrionali (Fig. 2). Esistono alcune eccezioni rilevanti, in particolare nel Nord Italia e nella Francia meridionale, dove sembrano coesistere IG e innovazione.
Questa polarizzazione nella distribuzione delle IG e delle innovazioni tra le regioni dell’UE e le evidenze contrastanti sul ruolo potenziale delle IG nello stimolare o scoraggiare le innovazioni sollevano la necessità di esplorare con un’analisi empirica approfondita la relazione fra IG e attività innovative nell’UE. Il lavoro di ricerca condotto per esplorare tale relazione si è basato su un modello teorico che collega la concorrenza, la regolamentazione e l’innovazione, esaminando la relazione tra la diffusione delle IG e le attività innovative in 265 regioni dell’UE (livello NUTS-2 in base alla nomenclatura statistica europea) tra il 1996 e il 2014.
Utilizzando diversi strumenti di regressione, lo studio rivela che le politiche sulle IG possono avere un impatto positivo sull’innovazione e sulla crescita regionale, specialmente nelle regioni meno sviluppate. Tuttavia, solleva anche preoccupazioni riguardo al potenziale effetto anticoncorrenziale associato alla diffusione delle IG.
Metodologia
Il modello teorico preso in considerazione è quello della “distanza dalla frontiera” proposto da Aghion et al. (2005; 2009). Tale cornice teorica prende in considerazione il livello di concorrenza in cui operano le imprese e la struttura di mercato di riferimento. In base a tale teoria, la presenza di bassi livelli di concorrenza, o di misure normative che alterano la concorrenza, porta le regioni che risultano prossime alla frontiera tecnologica, ossia le regioni in cui le imprese risultano avanzate tecnologicamente rispetto ad un livello medio di riferimento, a non innovare. Al contrario, le regioni in cui si registra un basso livello di innovazione rispetto alla frontiera tecnologica tenderanno ad innovare.
La politica comunitaria sulle IG viene considerata come un intervento volto ad alterare i livelli di concorrenza per diversi motivi, fra cui la capacità di differenziare i prodotti sul mercato, di alterare i flussi commerciali e di spingere verso fenomeni di collusione fra i produttori agricoli. Di conseguenza, un’elevata diffusione di IG dovrebbe spingere le regioni in ritardo di sviluppo tecnologico ad innovare e le regioni con un elevato livello tecnologico a non innovare.
Per verificare tale ipotesi, abbiamo creato un dataset originale raccogliendo dati da diverse fonti secondarie, fra cui Oecd RegPat, che fornisce un completo archivio di dati sui brevetti, eAmbrosia, che fornisce informazioni sulle IG, e Ardeco, che contiene informazioni sulla popolazione regionale.
Il risultante da taset contiene circa 1.600 prodotti IG, 18.000 brevetti dell’industria alimentare e 27.000 brevetti del settore agricolo. La selezione del periodo, che va dal 1996 al 2014, è condizionata dalla disponibilità dei dati e si allinea con l’entrata in vigore del Regolamento 2081/92 e del Regolamento 2082/92, che entrano in vigore nel 2014 con le prime registrazioni.
Risultati
Sulla base delle analisi di regressione condotte, è possibile delineare una relazione sfaccettata tra le IG e l’innovazione regionale dovuta al livello di prossimità della regione in questione rispetto alla frontiera tecnologica. Nello specifico, i risultati rivelano che nelle regioni situate più lontano dalla frontiera tecnologica, le IG emergono come potenti catalizzatori per l’innovazione.
Queste aree, spesso caratterizzate da minori vantaggi intrinseci in termini di capacità tecnologiche, sperimentano un notevole impatto positivo sull’innovazione. Di conseguenza, tale evidenza empirica suggerisce che le IG svolgono un ruolo chiave nel colmare il divario nell’innovazione e nello stimolare la crescita economica nelle regioni in ritardo di sviluppo rispetto alla media europea. Agiscono come fari di identità ed eccellenza regionale, fornendo una piattaforma per i produttori locali per innovare e crescere.
Al contrario, nelle regioni che si avvicinano alla frontiera tecnologica l’impatto positivo delle IG sull’innovazione diminuisce. In queste regioni, il ruolo delle IG diventa relativamente ridotto, poiché l’innovazione tende a basarsi maggiormente su fattori endogeni dell’ecosistema esistente di ricerca e sviluppo.
Qui, le IG assumono un ruolo complementare piuttosto che trasformativo nel promuovere l’innovazione. Questa prospettiva sfumata sottolinea la necessità di considerare il contesto regionale di sviluppo nell’analisi delle IG. Gli interventi di politica a riguardo, in particolare, dovrebbero riconoscere che le IG possiedono il potenziale per fungere da motori di innovazione e promuovere lo sviluppo regionale in tutta l’Unione Europea, specialmente nelle regioni meno sviluppate.
Conclusioni
Questa indagine offre preziosi spunti sulla complessa relazione tra le IG e l’innovazione regionale all’interno dell’UE. Rinforza l’idea che le IG non siano semplici etichette, ma strumenti dinamici capaci di plasmare in modi diversi i paesaggi dell’innovazione regionale. In questa chiave, quindi, le IG possono essere considerate come uno strumento di resilienza e sostenibilità economica dei territori nell’UE. Le evidenze empiriche riscontrate devono essere, tuttavia, contestualizzate considerando che spesso le innovazioni nelle IG riguardano miglioramenti di prodotto o organizzativi e che tali cambiamenti non vengono rilevati dalla brevettazione.
Questa interpretazione potrebbe attenuare in parte la relazione negativa riscontrata nella presente analisi fra diffusione di IG e innovazione nelle regioni avanzate dal punto di vista tecnologico e spiegare la presenza di un elevato numero di IG in alcune regioni vicine alla frontiera tecnologica, come la Lombardia e l’Emilia-Romagna in Italia o la regione di Rhone-Alpes in Francia.
Un’altra importante implicazione della nostra analisi riguarda l’impatto della diffusione delle IG sull’ambiente competitivo. Sulla base dei risultati ottenuti si potrebbe concludere che la diffusione delle IG influisce sull’ambiente competitivo dell’agroalimentare, una conclusione che si accorda con diversi lavori che indagano il possibile effetto di collusione delle IG. Questa evidenza, tuttavia, è sicuramente indiretta e sono necessari ulteriori studi più dettagliati per confermare tale ipotesi.
L’analisi presenta dei limiti. L’uso dei brevetti come proxy delle attività di innovazione nel settore agroalimentare risulta approssimativo per lo studio delle dinamiche innovative nel settore agroalimentare. Molte aziende non investono direttamente in attività di ricerca e sviluppo e molte innovazioni (incrementali) a livello di azienda agricola o di impresa non sono brevettate. Di conseguenza, un altro importante sbocco della ricerca futura è lo sviluppo di studi più qualitativi attraverso interviste in profondità. Tale approccio consentirà agli studiosi di cogliere meglio i legami diretti e indiretti tra le IG e i risultati innovativi delle imprese alimentari nelle regioni dell’UE in termini di brevetti, marchi e nuovi prodotti.
Titolo
Geographical Indications and Innovation: Evidence from EU regionsAutori
S. Stranieri, L. Orsi , I. De Noni, A. OlperFonte
Food Policy, 116, 102425. https://doi.org/10.1016/j.foodpol.2023.102425
A cura della redazione
Fonte: Consortium 2023_04