Alle difficoltà che in parte già attanagliano il mondo dell’asparago made in Marca Trevigiana, quest’anno, si aggiunge infatti anche il nemico siccità. Una minaccia che, di fatto, sta mostrando i propri effetti solo in queste prime settimane di raccolta, ma che – da qui a fine stagione – potrà mettere in difficoltà il mercato del bianco o verde “frutto”. «L’annata in corso è senz’altro contraddistinta dal problema della siccità», commenta Antonio Benozzi, presidente del Consorzio di tutela dell’Asparago di Badoere IGP, nonché storico produttore. «Nonostante la terra sembri fresca, in profondità non lo è e l’asparago ha più difficoltà a crescere. Il tutto con uno sbalzo termico che non aiuta per niente, perché la pianta dell’asparago cresce con vigore tra i 14 e i 15 gradi, mentre con temperature notturne più fredde si cristallizza ed è più facile si rompa». Un’analisi, quella di Benozzi, che deve poi fare i conti con la commercializzazione del prodotto e la relativa qualità. «Ovviamente se l’asparago non cresce ne diminuisce il calibro, quindi il peso e di conseguenza anche il valore», prosegue Benozzi, «al momento, però, in queste prime settimane di produzione non abbiamo riscontrato problemi legati alla qualità e restiamo quindi positivi e fiduciosi». Incrociando le dita.
Pioggia attesa anche a nord di Treviso, dove l’Asparago Bianco di Cimadolmo IGP è stato il primo a ottenere la certificazione in Europa ben 15 anni fa. «Fortunatamente le vicine falde del Piave rendono il terreno, che già è argilloso e friabile, abbastanza umido», spiega Daniela Burato, produttrice di Negrisia di Ponte di Piave, «è chiaro però che se non dovesse piovere nei prossimi quindici giorni la produzione ne risentirebbe senz’altro». Quali soluzioni? «Irrigare con il prodotto in fase di crescita non è possibile, si creerebbero danni importanti alla pianta», prosegue Burato, «esistono dei metodi di irrigazione alternativi, con particolari serpentine da inserire alla base dei cumuli ad inizio stagione e da azionare all’occorrenza. Ma quasi nessuno nella nostra zona adopera impianti simili». Insomma, in generale, è ancora una volta la natura a dover decidere. E l’uomo, in tutto ciò, non può far altro che aspettare. Secondo gli esperti saranno sufficienti tre o quattro piogge, da qui al termine della stagione, per sostenere al meglio la crescita del millenario germoglio.
Fonte: La Tribuna di Treviso