Fu una sensazione quando l’Osteria Bavaria aprì a Monaco nel 1890: la sala da pranzo a forma di loggia italiana con colonne, il murale con vista sul Golfo di Napoli, un pergolato nello stile di un tempio romano rotondo – i bavaresi furono tra i primi a sperimentare questo cosmo di stile di vita e cucina italiana. Oggi, ci sono circa 25.000 ristoranti italiani fuori dall’Italia in Europa, di cui circa 22.000 in Germania. Sono moltiplicatori e ambasciatori culinari allo stesso tempo. C’è una semplice ragione per cui l’Italia ha così tanto da dire sulla sua cucina e sa come celebrarla. Nessun altro paese in Europa ha così tante specialità come il Bel Paese. L’Italia ne ha quasi 900 protette ad oggi, sia come DOP, IGP o STG, e il numero cresce ogni anno. Prosciutto di Parma, Grana Padano, Mozzarella di Bufala Campana o Aceto Balsamico di Modena sono tra i più conosciuti. Questo suscita cupidigia. Poiché questi prodotti si vendono particolarmente bene all’estero, le copie sono all’ordine del giorno. Le controversie sull’uso dei termini occupano regolarmente i tribunali, da ultimo nel caso del balsamico. Oltre ai nomi dal suono italiano sulla confezione, i colori e le immagini italiane sono anche popolari. Le possibilità di adornarsi con il bell’aspetto di “Italianitá” sembrano illimitate. Il danno risultante è enorme. Secondo Lorenzo Bazzana, responsabile economico dell’associazione degli agricoltori della Coldiretti, ammonta probabilmente a più di 100 miliardi di euro all’anno. Si tratta di più del doppio delle attuali esportazioni alimentari dell’Italia. La ricchezza della cucina italiana è strettamente legata alla struttura delle imprese alimentari. La maggior parte è ancora organizzata come piccole e medie imprese; quote di mercato superiori al dieci per cento sono considerate rare. Tuttavia, quasi tutti vogliono esportare. Questo è evidente anche all’Anuga di quest’anno. Con 632 imprese italiane registrate, il loro numero è quasi il doppio della partecipazione tedesca. Tuttavia, spesso non hanno il peso necessario per fare affari con le catene di negozi e competere a livello internazionale con altri fornitori. Da questa situazione si sono sviluppate diverse strategie negli ultimi anni.
Si va dalle classiche fusioni alle acquisizioni o all’aggancio con le multinazionali fino alla vendita di azioni dell’azienda per raccogliere i fondi necessari all’espansione. L’Italia ha già successo negli affari esteri. Per la prima volta nella storia recente, il paese è riuscito a generare più valore dalle esportazioni di cibo e bevande di quanto ha dovuto spendere per le importazioni. Anche la crescita economica dell’Italia, che è molto al di sopra della media europea, è presentata con orgoglio. Non bisogna dimenticare che sta ancora giocando a rimpiattino dopo il disastroso anno 2020.
Mauro Rosati, 876 specialità italiane sono tutelate da DOP, IGP o STG, più di ogni altro Paese in Europa, ma solo pochi prodotti hanno ottenuto un riconoscimento al di fuori del Paese. Allora perché questo sforzo?
Il valore dei prodotti DOP IGP non si esaurisce solo nel riconoscimento che potrebbero ottenere al di fuori dei confini nazionali. Il valore si misura, anche, nella capacità di raggiungere una dimensione di mercato regionale o nazionale. Il principale obiettivo quando si certifica un prodotto DOP o IGP è organizzare al meglio la filiera di quel prodotto, attraverso il disciplinare di produzione e il piano di controllo, al fine di esistere sul mercato, fare una promozione collettiva e rendere più efficiente la produzione sul territorio con economie di scala. Le certificazioni, inoltre, rispondono ad un’altra necessità: consolidare la notorietà di un territorio attraverso un riconoscimento. Ci sono dei prodotti, la cui produzione è limitata, che riescono attraverso lo stesso a sviluppare anche altre forme diversificate di economia sul territorio, come ad esempio il turismo. Lo sforzo italiano è anche legato alla cultura dei territori: in Italia, più che altrove, la dimensione locale acquisisce un significato importante; ogni comune ha le sue tipicità che testimoniano la cultura del luogo, la sua storia e la tradizione agricola e artigianale. I prodotti DOP IGP fotografano il variegato panorama delle tipicità italiane.
Qual è la situazione del riconoscimento da parte dei Paesi al di fuori della Comunità Europea?
La situazione dei riconoscimenti all’interno dell’UE è legata in maniera significativa ai Paesi del Mediterraneo. In totale le Indicazioni Geografiche riconosciute sono 3354 e i primi cinque Paesi per numero di Denominazioni sono l’Italia, la Francia, la Spagna, la Grecia e il Portogallo. Con le annessioni dei Paesi dell’Est si è assistito a crescente interesse anche da queste nazioni perchè hanno compreso il potenziale delle DOP IGP come strumento per far emergere la propria agricoltura e la conoscenza dei propri territorio e delle proprie culture. Durante le nuove annessione europee infatti i contenziosi più importanti si sono avuti sul tema dei riconoscimenti delle Indicazioni Geografiche. Per esempio, il Tokaj era un vino italiano, poi è stato riportato legittimamente in Ungheria quando questa si è annessa all’Europa: ciò ha comportato una forte diatriba tra l’Italia e l’Ungheria. C’è un interesse crescente intorno all’industria della qualità anche nei “Paesi nuovi”. Siamo solo all’inizio, ma sono convinto che nei prossimi anni anche i Paesi che non hanno mai avuto un uso così importante delle DOP IGP vi ricorreranno per ottenere promuovere lo sviluppo locale ma anche per implementare meglio la sostenibilità ambientale. Oggi, attraverso il cibo, si fa crescere il turismo e si diffonde la conoscenza del proprio territorio in maniera nuova ed efficace.
Quali prodotti, secondo te, hanno il potenziale di guadagnare popolarità all’estero?
In questi anni, oltre ai soliti prodotti che conosciamo bene e che hanno consolidato la propria leadership – come ad esempio il Parmigiano Reggiano DOP, il Grana Padano DOP e il Prosciutto di Parma DOP – abbiamo assistito alla crescita di nuovi prodotti e nuove Indicazioni Geografiche. Mi riferisco, per esempio, alla Pasta di Gragnano IGP che nell’ultimo periodo ha avuto una aumento importante. Un altro prodotto interessante, da questo punto di vista, è la Burrata di Andria IGP. Questo prodotto ha conquistato nuovi mercati a livello internazionale, ma la sua espansione commerciale è stata accompagnata dall’emergere del fenomeno della contraffazione. Il Cioccolato di Modica IGP, il primo cioccolato registrato in Europa, sta avendo un grande successo ed è già un elemento trainante per la città di Modica e un importante prodotto da esportazione. Il comparto degli oli, invece, non è stato adeguatamente promosso e riconosciuto dal mercato sia a livello nazionale che internazionale. I 49 oli a Indicazione Geografica avranno un importante potenziale di sviluppo quando ci sarà, da parte dei consumatori, una conoscenza più solida.
Quali sono le principali attività di marketing per tali prodotti?
La promozione dei prodotti DOP IGP, in questi anni, è stata resa possibile grazie ai Consorzi di tutela riconosciuti che hanno attivato moltissimi programmi europei di promozione. Ciò ha permesso la realizzazione di attività pubblicitarie e di formazione. Ci sono state delle strategie interessanti quando, per far conoscere il prodotto come ingrediente, ci si è avvalsi degli chef italiani e delle scuole di cucina italiane presenti in Paesi stranieri. Penso, inoltre, che le attività do formazione fatta ai buyer in merito alle caratteristiche e alle qualità dei nostri prodotti sia stata importante per promuovere al meglio, e in maniera specifica, i nostri prodotti. L’Italia in questi anni è stata alla ribalta non solo per le attività sportive, ma anche per un indiscusso lavoro svolto in campo enogastronomico. Mi riferisco, per esempio, alla Settimana della Cucina Italiana organizzata dalle ambasciate, in tutto il mondo, da diversi anni.
Inoltre c’è un numero enorme di prodotti che vivono di Italian Sounding. Puoi quantificare il danno economico causato da tali imitazioni?
Non esiste una stima precisa per quantificare il danno economico; sicuramente i prodotti definiti Italian Sounding sono tantissimi. Oggi, però, con l’aumento dell’e-commerce anche nell’alimentare, attraverso l’utilizzo delle reti informatiche e dell’intelligenza artificiale è possibile arginare il fenomeno della contraffazione; in ogni caso, oggi, è più semplice controllare tale fenomeno. Non è sempre facile far ritirare i prodotti contraffatti nei paesi stranieri in quanto non esistono leggi specifiche come in Europa. I meccanismi di protezione si possono attivare esclusivamente in presenza di accordi bilaterali stretti fra il Paese in questione e l’Europa. A mio avviso, però, la presenza dei prodotti contraffatti è sintomatica di un potenziale di mercato inespresso. Di conseguenza, le aziende possono sfruttare questo elemento come un indicatore di crescita nei Paesi coinvolti, al fine di portare il vero prodotto, dotato di tutti quei requisiti che oggi sono necessari per stare sul mercato: tracciabilità, sicurezza alimentare, ma soprattutto qualità.
In molti casi, però, dietro i prodotti contraffatti o adulterati sono state trovate aziende italiane. Quali misure vengono prese qui?
I casi di contraffazione imputati ad alcune aziende italiane, nel mercato nazionale o estero, sono molto limitati anche se esistono. In questo settore le autorità italiane svolgono il proprio lavoro in maniera efficace. Nella filiera DOP IGP vengono messi in atto moltissimi controlli grazie anche un apparato pubblico e privato molto articolato come previsto dall’ordinamento legislativo italiano. Infatti, abbiamo uno speciale reparto l’ICQRF, che ha il compito di vigilare il sistema delle DOP IGP; abbiamo inoltre anche i Carabinieri della Tutela Agroalimentare, e le capitanerie di porto. Dietro alcuni fenomeni di contraffazione ci sono anche delle aziende italiane, ma la cosa più importante – a mio avviso – è che l’Italia garantisce controlli efficaci in grado di rassicurare il consumatore italiano e non.
Fonte: Länderreport