L’agricoltura tradizionale in ginocchio per l’impennata dei costi e la siccità. Per la prima volta il Pil di settore chiude un trimestre in perdita a fronte della crescita generale. Allevamenti a rischio.
Come ti muovi, il grido d’allarme è generale. Perché, schiacciate dall’impennata dei costi, sono a rischio di chiusura centinaia di aziende agroalimentari. Dice Francesco Motti, industriale di conserve di pomodoro e presidente di Centromarca (200 aziende del largo consumo): «il settore del pomodoro è uno di quelli maggiormente esposti perché ha un picco d i lavorazione in soli due mesi estivi, proprio nell’occhio del ciclone della corsa dei prezzi dell’energia. Costo che due anni fa incideva per l’1,5% sul conto economico, ranno scorso per il 5 e adesso siamo al 20%».
Aggiunge Antonio Forlini, presidente di Unaitalia, l’associazione degli allevatori di polli e galline: «Negli ultimi dodici mesi le nostre imprese hanno visto duplicare i costi dell’energia e del cibo degli animali. Un’ulteriore impennata c’è stata nelle ultime settimane». Ribadisce Anna Cane, presidente degli oleari di Assitol:«I costi sono quintuplicati e la raccolta di olive, ormai imminente, sarà dl scarica, quindi con una produzione inferiore, e dovrà scontare mesi di clima estremo: prima il caldo desertico a partire da maggio, poi una serie di nubifragi in agosto. Si parla tanto di sostenibilità, che però non è solo ambientale, ma è anche sociale rei economica».
Le cifre
Vogliamo continuare? Del settore della pasta parla Marco De Matteis (stabilimenti in Campania e Umbria): «Le nostre sono industrie energivore, i macchinari rimangono accesi sette giorni su sette, h24. Rispetto a settembre del 2021, l’elettricità ci costa il 500% in più al netto del credito di imposta. Ancora prima dell’esplosione della guerra in Ucraina abbiamo dovuto affrontare aumenti del 100% sul grano, la nostra principale materia prima, e aumenti del 700% sui noli marittimi. La bolletta energetica è arrivata ormai al 25% dei ricavi». «Siamo i migliori produttori di pasta al mondo – aggiunge ma non gli unici. Fatichiamo a spiegare ai nostri distributori esteri perché dobbiamo aumentare il prezzo. quando un pastificio turco paga l`energia un quinto di quello che paghiamo noi, uno spagnolo un quarto e negli Stati Uniti nemmeno conoscono il problema».
Fermiamoci qui. con la sintesi generale che offre Massimiliano Giansanti, presidente di Confagricoltura: «L’aumento delle materie ha messo in crisi gli agricoltori come mai prima: senza contare siccità, temporali e gelate che hanno già fatto perdere agli agricoltori 7 miliardi. Oggi produrre cibo è spesso un lavoro in perdita». Non a caso nel secondo trimestre l’agricoltura (insieme alla pesca) è l’unico settore che registra un calo dell’1% a fronte di una crescita dell’1,1% del Pil. A rischio è davvero la sopravvivenza delle aziende. L’ufficio studi di Confagricoltura vede addirittura aggravata la situazione rispetto all`ultima stima di aprile di Crea: oltre un`azienda agricola su dieci non riesce a far fronte alle spese necessarie per la produzione.
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Fonte: Molto Economia