Realtà tra le più dinamiche degli ultimi tempi, il settore dà manforte all’agricoltura e genera fatturato e occupazione. Una rete importante anche per la conservazione e la fruizione dei patrimonio artistico.
Negli ultimi anni, mentre in Italia falliva un buon numero di tour operator e l’Ente nazionale del turismo era in agonia per mancanza di fondi, mentre straordinari beni storico-artistici erano abbandonati al degrado e le grandi città lasciate all’incuria – a tutto svantaggio di uno dei settori di primaria importanza del nostro Paese, il turismo – ci sono state migliaia di aziende agricole che, oltre a far bene il proprio lavoro, hanno dato vita ad una delle realtà più dinamiche di questi tempi: il turismo rurale.
In pochi anni, grazie ai fondi europei Leader e con una sapiente regia da parte delle organizzazioni agricole (Agriturist, Turismo Verde, Terranostra ) l’Italia si è letteralmente inventata un settore economico capace di dare manforte all’agricoltura e di generare fatturato ed occupazione.
Il turismo rurale è un comparto in fase di crescita, strettamente legato alle attività agricole a cui si devono, in buona parte, la creazione, lo sviluppo e il mantenimento di quei beni collettivi fondamentali come il paesaggio culturale, il prestigio dei prodotti tipici, la biodiversità ambientale, fattori che spesso e volentieri hanno finito per dare un’identità ad intere zone del Paese. Basta pensare alle Langhe e alla Val d’Orcia, zone riconosciute anche come patrimonio dell’Unesco.
Una relazione complicata
L’affinità tra l’esperienza turistica e l’attività agricola deriva dal fatto che il modello agricolo diffuso in Europa si caratterizza sempre più come multifunzionale, aperto cioè ad integrare e diversificare il reddito proveniente dalla produzione con servizi secondari, utili alla collettività.
Il legame tra agricoltura, ruralità e turismo presenta però anche dei punti critici che rischiano di mettere in difficoltà tanto le attività agricole quanto l’intero sviluppo delle aree rurali. “Il rischio di erosione dei capitali rurali – afferma Giuseppe Belletti, Professore di Economia e Estimo rurale all’Università di Firenze – è presente in modo particolare quando il processo di sviluppo turistico è guidato da soggetti esterni al contesto rurale locale e soprattutto quando si tratta di grandi gruppi che arrivano ad acquistare ‘chiavi in mano’ degli interi borghi rurali per trasformarli in qualcosa di simile a villaggi vacanze”.
Per questi motivi è necessario stare in guardia, perché una prospettiva di sviluppo in cui il turismo rurale è la componente predominante del territorio rischia la perdita dei valori e delle economie locali che lo hanno generato.
Le opportunità
Negli ultimi tempi si è assistito ad un cambiamento del turismo a livello globale: non si cerca più semplicemente una vacanza ma una vera e propria esperienza. Ed è proprio qui che sta la chiave del successo di questa nuova realtà. Un’occasione per fare il punto della situazione è stata il Salone del Turismo rurale che si è tenuto a Verona dal 5 all’8 Novembre 2015 presso a Fieracavalli. Da quanto emerso dai convegni e dagli incontri che hanno avuto luogo durante la manifestazione, il fruitore-tipo di questa particolare forma di vacanza ricerca il contatto diretto con la natura, la possibilità di vivere una situazione unica, l’uscire dalle rotte consuete. Non è certo un caso che la maggior parte delle strutture insistano sui territori di Comuni che non superano i 5.000 abitanti. La buona notizia è che il turismo rurale nostrano sembra in grado di soddisfare queste esigenze con un’offerta che abbraccia le cinque categorie principali: agriturismo, ecoturismo, cicloturismo, ippoturismo e selviturismo.
A fare da traino all’intero sistema, e le giornate veronesi lo hanno confermato, è l’appeal dei prodotti gastronomici, vero e proprio vettore per i territori dei quali costituiscono ormai l’elemento di riconoscibilità più immediato, grazie anche ad Expo, che ha incrementato una particolare sensibilità nei confronti delle eccellenze del nostro straordinario patrimonio agroalimentare. Gli 800 prodotti italiani food&wine DOP IGP e STG – su tutti – rappresentano infatti tanto il primato mondiale dell’Italia nei prodotti a indicazione di origine geografica quanto la qualità che contraddistingue il nostro stile di vita.
Agriturismo
L’agriturismo è stata la forma di investimento più importante nel settore agricolo degli ultimi 15 anni e, nonostante la mancanza di una legislazione nazionale chiara, laddove le norme regionali funzionano, riesce ad assicurare una buona convivenza tra lo svolgimento dell’attività agricola e le caratterizzazioni del servizio turistico.
I dati che sono stati rilanciati nell’ambito de Salone fieristico di Verona parlano di una forte crescita: nel 2015 la quota di ricchezza prodotta dai circa 21.000 agriturismi è di 1.200 milioni di euro con 3 milioni di arrivi turistici per 12 milioni di pernottamenti. Una tendenza importante che va nella logica della diversificazione dei redditi d’azienda e che fornisce sostanza e concretezza al ruolo della nuova figura dell’agricoltore multifunzionale. In questa macro-tendenza stanno crescendo molto le attività dedicate all’educazione, con 2.505 fattorie didattiche ufficiali.
È sempre più chiaro come il profilo dell’agricoltore contemporaneo preveda una partecipazione attiva alla gestione del territorio; coloro che sono rimasti nelle aree rurali, infatti, rappresentano la massima garanzia di conservazione di bacini di risorse naturali unici, per varietà e qualità, che altrimenti andrebbe sicuramente perduti.
Dato che la sostenibilità del sistema è collegata direttamente alla capacità dell’agricoltura di generare reddito e lavoro in territori e aree spesso vulnerabili e a rischio di desertificazione sociale, il turismo rurale deve diventare una delle sfide e delle prerogative dell’agricoltura e deve essere sostenuto da tutte le componenti del territorio, nessuna esclusa.
Ma si può anche guardare avanti e creare nuove sinergie fra territorio e agricoltura; la proposta della Cia, la Confederazione italiana agricoltori, di lanciare un ruolo attivo delle imprese agricole nella valorizzazione dei beni artistici dislocati nelle campagne italiane potrebbe rappresentare una vera e propria svolta per il turismo rurale, andando anche a sanare le criticità che emergono ogni giorno nella conservazione e fruizione del patrimonio artistico. Potremmo spingerci anche oltre, abbinando ai musei l’esposizione, la degustazione e la vendita di quei prodotti agroalimentari considerati da tutti dei veri beni culturali.
Per fare tutto questo occorre rompere alcune barriere, occorre una vera partnership fra Ministero delle politiche agricole e quello dei Beni culturali per creare un sistema di valorizzazione del patrimonio italiano che ci permetta di offrire al mondo una proposta senza eguali fatta di bellezza ed esperienza.
Mauro Rosati
Direttore Generale Fondazione Qualivita
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Fonte: L’Unità – Terra e Cibo