Tra le misure alle quali i grandi territori del vino italiano possono ricorrere, per provare a dare una risposta alle difficoltà che il settore enoico, così come tutta l’economia italiana, sta attraversando, colpito anche più di altri dal lockdown deciso praticamente in tutto il mondo per frenare l’emergenza Covid-19, c’è il taglio delle rese. Una decisione che riguarda, evidentemente, i vini a denominazione, e che solo i Consorzi, a maggioranza, possono prendere. Ma anche una misura che non risponde alle necessità di tutti, come vedremo nell’analisi di WineNews tra le maggiori denominazioni del Belpaese. Dal fronte del “sì tagli alle rese”, che annovera i Vini della Valpolicella, il Soave, il Prosecco di Valdobbiadene, il Pinot Grigio delle Venezie, il Brunello di Montalcino ed il Chianti, a quello del “no taglio alle rese”, tra le cui fila si schierano Prosecco, Barolo e Barbaresco e Chianti, ognuno però in modo diverso e con differenti motivazioni e contromisure.
Come detto, un grande territorio che ha deciso per la riduzione delle rese, è quello del Brunello di Montalcino DOP, ma, come ci tiene a sottolineare il presidente del Consorzio Fabrizio Bindocci, “non è una misura anti Covid, anche perché l’annata 2020 andrà sul mercato solo nel 2025, ma è dal 2007 che portiamo le rese da 80 a 70 quintali ad ettaro, in una strategia di ampio respiro che mira alla qualità che contraddistingue le nostre produzioni. Quest’anno, come Consiglio, abbiamo scritto a tutti i soci via Pec, vista la situazione, ricevendo un ampio consenso, per cui è una misura che possiamo considerare assolutamente come ufficiale”.
Restando in Toscana, anche il Chianti DOP ha approvato la misura, “per un taglio delle rese del 20%”, come dice a WineNews il presidente del Consorzio Chianti, Giovanni Busi. “In effetti, il calo delle vendite per la nostra denominazione non sarà così grande, stimiamo di perdere un 10%, perché comunque in Italia e nel mondo il 70% del nostro giro di affari è legato alla Gdo, ed il 30% al canale Horeca. Il taglio del 20%, però, risponde anche ad un’altra esigenza, ossia quella di riequilibrare un magazzino in cui sono stoccate scorte del 15-20% in più del normale. Attenzione però – mette in guardia Busi – a credere che le cose nel Chianti vadano bene: il macro dato non rappresenta lo stato di salute di centinaia di piccoli e medi viticoltori che, al contrario, sono in grande difficoltà. In questo senso, le misure proposte dal Governo, specie in tema di accesso al credito, sono buone solo sulla carta, perché all’atto pratico ci troviamo di fronte l’ostacolo, a volte insormontabile, della burocrazia, che rende tutto complicato. Siamo certi che dall’autunno tutto tornerà in carreggiata, il problema è come ci arriveremo”.
Diversa la scelta del Chianti Classico DOP, come spiega a WineNews il presidente Giovanni Manetti. “Quella del taglio delle rese non è una misura che adotteremo, non crediamo che risponda alle nostre reali esigenze. Accogliamo, invece, con favore la misura Ministeriale di una riduzione su base volontaria, di almeno il 15% sulla media delle ultime cinque vendemmie, une soluzione che porta anche liquidità alle aziende del territorio, visto che lo Stato ha stanziato 100 milioni di euro. Risorse importanti, ma che speriamo la Regione Toscana decida di integrare con altri fondi. E poi, c’è un’altra iniziativa, prevista dal DL Cura Italia, su cui stiamo lavorando: l’accesso a prestiti bancari mettendo a garanzia il vino ancora in cantina a maturare. L’accordo con uno dei principali gruppi bancari del Paese – conclude Manetti – è davvero ad un passo”.
Tutto come prima, in termini di rese, anche in Langa, dove il Consorzio di tutela del Barolo, Barbaresco, Alba, Langhe e Dogliani, dove, come racconta il presidente Matteo Ascheri, “la proposta di una riduzione delle rese è stata bocciata dal Consiglio, che ha, invece, approvato la riduzione dei superi e la riserva vendemmiale pari al 10% della produzione massima di uva ammessa per le Docg Barolo e Barbaresco. Misure che, comunque, dovranno adesso superare il vaglio dell’Assemblea, ad inizio luglio, per diventare effettive”.
In Sicilia, non c’è ancora nulla di ufficiale, perché ogni decisione “verrà presa dall’Assemblea del 9 luglio”, racconta a WineNews Antonio Benanti, presidente del Consorzio dell’Etna Doc. “Sul tavolo ci sono due proposte importanti, una prevede la riduzione delle rese, solo per la tipologia Etna Rosso, da 90 a 70 quintali ad ettaro, l’altro il fermo ai nuovi impianti per tre anni, a partire dal 2021. La prima è una proposta tattica, limitata alla vendemmia 2020, potremmo dire precauzionale, perché in effetti non abbiamo riscontrato grossi problemi sui mercati. Va anche detto che mediamente le rese sono già abbondantemente sotto il limite. Lo stop ai nuovi impianti, invece, risponde ad una strategia di più ampio respiro, che potremmo definire di governo della crescita. L’Etna – ricorda Benanti – è cresciuto molto negli ultimi anni, e forse è arrivato il momento di una pausa di riflessione, per riflettere su come andare avanti continuando a valorizzare le nostre produzioni. Comunque, solo il 9 luglio sapremo se le nostre proposte verranno accolte, ed in che misura, potremmo anche accordarci per una riduzione minore delle rese, o per uno stop ai nuovi impianti posticipato”.
In Veneto, il Consorzio Vini Valpolicella, guidato dal presidente Andrea Sartori e dalla direttrice Olga Bussinello, ha stabilito di ridurre da 120 a 100 quintali per ettaro la resa massima dei vigneti, con una cernita dell’uva destinata all’appassimento di Amarone e Recioto pari al 45% , oltre al blocco totale e senza deroghe degli impianti nella denominazione per altri 2 anni. Misure queste, approvate complessivamente a larga maggioranza dai soci, che secondo il Consorzio si sono rese necessarie visto l’effetto Coronavirus sul mercato interno e maggiormente su quello internazionale, dove transitano quasi i 3/4 del valore delle vendite di Amarone, Ripasso, Valpolicella e Recioto.
E ci si è mossi in maniera simile anche tra le colline del Soave DOP, dove il Consorzio guidato dal presidente Sandro Gini e dal direttore Aldo Lorenzoni, continua a seguire la stella polare dell’equilibrio produttivo, “che ha portato importanti risultati sul fronte dei valori, scegliendo prudentemente di diminuire le rese per la vendemmia 2020, passando da 150 quintali per ettaro per la Doc a 130 quintali per ettaro (-13%) e da 140 quintali per ettaro a 130 quintali per ettaro (-7%) per la zona Classica e dei Colli Scaligeri”.
Anche la DOP delle Venezie, “casa” del Pinot Grigio italiano (di cui rappresenta oltre l’80% della produzione, ndr) , pur avendo superato fin qui quasi indenne i primi mesi 2020, ha chiesto alle Regioni di competenza (Veneto, Friuli Venezia Giulia e Trentino), il via libera a riduzione delle rese e stoccaggio. Con il Consorzio, guidato da Albino Armani, che, però, “sollecita un’alleanza delle Doc del Nordest a sostegno di una gestione equilibrata del Pinot grigio e un’equa distribuzione del valore”. I dati di imbottigliamento a fine maggio sono sostanzialmente stabili sul 2019 (+0,39%, per 611.167 ettolitri), ed è un buona notizia. Ma i prossimi mesi saranno, come per tutti all’insegna dell’incertezza, mentre si avvicina la vendemmia.
Sulla stessa linea il Conegliano Valdobbiadene Prosecco Superiore DOP, dove “le rese vendemmiali 2020 saranno ridotte da 135 a 120 quintali ad ettaro”, come ha annunciato qualche giorno fa Innocente Nardi, presidente del Consorzio Conegliano Valdobbiadene Prosecco Superiore. “La scelta di contrarre la produzione va nella direzione di non dare spazio alle speculazioni tanto più che l’andamento stagionale sta favorendo una produttività minore dovuta ad una fertilità gemmaria molto inferiore a quella del 2019. Almeno per ora non aderiremo alla proposta di congelamento dell’annata avanzata dal Consorzio Prosecco, ma continueremo a monitorare attentamente il vigneto, poi, alla fine di giugno, prenderemo le nostre decisioni in proposito”.
Infine, la strategia del Consorzio del Prosecco, che, tra le misure prese per far fronte alle difficoltà, non ha previsto il taglio delle rese. Che, come spiega a WineNews, il presidente Stefano Zanette, “restano di 180 quintali ad ettaro. Abbiamo previsto invece lo stoccaggio preventivo: se ci sarà bisogno verrà rimesso in circolo, altrimenti sarà sottratto alla produzione. Un’altra misura che abbiamo preso è stata quella di sottrarre alla produzione di vino da tavola la quota del 20% delle uve oltre i 180 quintali, ossia 36 quintali di uve ad ettaro, che saranno destinate esclusivamente alla produzione di mosti, aceti, succhi d’uva o distillati. In sostanza, dai vigneti del Prosecco Doc si produrrà solamente Prosecco Doc”.
Fonte: www.winenews.it