Il rapporto tra l’agricoltura di qualità e un utilizzo moderno dell’acqua
Quello della gestione dell’acqua è un tema sempre più al centro del dibattito nazionale, complice anche il cambiamento climatico che spinge a fenomeni opposti, da siccità prolungata a precipitazioni fuori controllo dell’uomo. L’agricoltura è uno dei settori che maggiormente risente di questa instabilità e a livello italiano le infrastrutture sono da rivedere nell’ottica di un progetto unitario. Eppure proprio le produzioni agricole di qualità potranno essere un modello di gestione delle risorse idriche. Intervista a Nicola Dell’Acqua, Commissario straordinario per l’emergenza idrica. Laureato in Scienze delle produzioni animali, Dell’Acqua è direttore di Veneto Agricoltura oltre che già Commissario per la siccità in Veneto. In precedenza ha diretto l’Agenzia per l’ambiente della Regione Veneto.
In Italia la ricerca, a partire dalle Università, è tra le più blasonate al mondo. A livello di gestione delle risorse idriche esistono studi o innovazioni da mettere in atto, o che magari già sono in via di sperimentazione?
Non c’è dubbio, si sta facendo tantissimo nello sperimentare nuovi modelli per l’utilizzo di alcune tipologie di acque a oggi poco utilizzate come, ad esempio, quelle di scarico dei depuratori o quelle derivanti dall’utilizzo di desalinizzatori. Si stanno facendo anche molte sperimentazioni nelle agricolture moderne per riuscire a coltivare in maniera più sostenibile perché ancora oggi quello primario è il settore maggiormente colpito dalle crisi idriche. Tanto è stato fatto nel passato ad esempio con i sistemi di irrigazione di precisione o con modelli di previsione collegati a sensori, sonde, igrostati e termoigrostati per la misura dell’umidità e a mappe satellitari che aiutano l’uso intelligente delle risorse idriche.
È importante precisare però che oggi in Italia le pratiche agricole sono ancora fortemente legate all’utilizzo di irrigazione e per quanto siano importanti queste sperimentazioni, da qui a breve non potranno dare le stesse garanzie di qualità e quantità di prodotto che oggi i nostri imprenditori agricoli forniscono.
Troppa o poca: quest’anno l’acqua è stata uno dei problemi per l’agricoltura di qualità. Quali sono a riguardo i progetti da mettere in campo?
Negli ultimi venti anni il cambiamento climatico ci ha insegnato che stiamo utilizzando più acqua rispetto a quella che riusciamo a immagazzinare e che non sempre le opere realizzate sono in grado di raccogliere acque quando queste sono in eccesso. Per questo motivo diventa fondamentale portare politiche economiche anche in agricoltura facendo ogni inizio anno un bilancio idrico corretto, coinvolgendo i portatori di interesse più esposti alla crisi idrica come il settore agricolo, turistico e industriale. Bilanci che individuino con precisione le necessità dei portatori di interesse ma anche che ci facciano comprendere le capacità di ogni distretto idrogeologico. Gli agricoltori devono sapere in anticipo quali sono le quantità d’acqua a loro disposizione cosi che possano anche loro pianificare correttamente le loro annate senza trovarci come spesso accade in uno scenario dove alcune zone d’Italia hanno più acqua di quella che gli serve e altre che ne rimangono sprovviste. Questo non può e non deve capitare perché si avvantaggerebbe un settore per reprimerne un altro.
Senza dimenticare che un bilancio idrico completo ci deve sempre mettere nelle condizioni di comprendere quando l’irrigazione in agricoltura ha effetti positivi sulle falde e avvantaggia ad esempio il settore idropotabile che si basa al 90% su acqua di sottosuolo.
La cosa importante da capire è che siccità e crisi idrica sono due cose diverse. La siccità è un evento meteorologico che si manifesta quando piove poco. In annate come questa, dove è piovuto tanto, si può comunque avere una crisi idrica perché si sta utilizzando più acqua di quella che è stata immagazzinata. Questo è il motivo per il quale diventa fondamentale fare un bilancio idrico preciso ogni inizio anno.
A livello di gestione delle attuali risorse idriche qual è il suo obiettivo da Commissario?
La prima cosa che, in accordo con la cabina di regia, sto facendo è quella di recuperare tutti i volumi d’acqua che oggi riusciamo a immagazzinare con i sistemi attuali, prevederne l’adeguamento con opere di manutenzione dove necessario e programmare nuove strutture solo dove si presenti una necessità oggettiva.
L’Italia centrale e del sud sono ben organizzate dal punto di vista dell’immagazzinamento, ma risentono di necessarie opere di manutenzione per recuperare volumi di acqua ben superiori a due miliardi di metri cubi.
Nel Nord Italia i bacini idrici già presenti non sono più sufficienti. Le grandi nevicate invernali, lo scioglimento dei ghiacciai e delle nevi estive non ci sono più come un tempo e quindi tutta quell’acqua a cui era abituato il Nord Italia non c’è più, motivo per il quale, se vogliamo mantenere certi approvvigionamenti idrici e se i bilanci idrogeologici lo evidenzieranno, bisognerà progettare nuovi sistemi di accumulo.
Il cambiamento climatico è in atto: l’agricoltura di qualità come si deve porre secondo il suo punto di vista?
Attualmente ci sono nuove tecniche come le agricolture rigenerative conservative che, usate all’interno di una visione generale e non estremizzate, hanno permesso di capire, ad esempio, che la quantità di carbonio nel terreno è fondamentale per il risparmio idrico e va preservata. Chi ha iniziato con queste tecniche innovative, negli ultimi cinque anni, non solo ha migliorato la qualità del prodotto, ma ha aumentato anche la redditività rispetto all’agricoltura tradizionale. Minor uso di concimi, acqua e trattamenti portano benefici anche alla qualità dei prodotti.
Questo è un tema che con il mondo agricolo, insieme alla cabina di regia che il Governo attuale ha costituito e di cui io sono Commissario, dovremo affrontare per capire quali porzioni di agricoltura possono modificare le loro tecniche culturali attuali, trasformandole in agricolture che utilizzino meno acqua in modo da lasciare nel terreno una maggiore quantità di sostanze organiche.
DOP IGP: un patrimonio enorme in termini economici, ma anche sociali e di biodiversità: come potranno convivere queste produzioni con il clima di domani?
La qualità dei prodotti della nostra agricoltura passa da precisi percorsi di certificazione che rendono il sistema più sicuro per i consumatori di tutto il mondo: questo ha fatto sì che gran parte delle nostre filiere produttive siano già oggi tra le più moderne e flessibili.
Gli agricoltori e i trasformatori legati alle Denominazioni di Origine hanno già imparato quali sono i sacrifici per ottenere prodotti di qualità garantita e quali sono i vantaggi economici che se ne ricevono ma penso che in un futuro ormai prossimo le certificazioni più prestigiose come DOP IGP possano essere mantenute e valorizzate anche aumentando l’attenzione all’uso di una giusta quantità d’acqua e un corretto flusso con il quale questa deve arrivare all’agricoltura.
Queste eccellenze italiane dovranno farsi carico di essere il faro di tale cambiamento innalzando la qualità delle politiche di utilizzo idrico, ad esempio con l’inserimento nei disciplinari di attività come la tutela della biodiversità attraverso tecniche di agricoltura rigenerativa o conservativa.
Le DOP IGP sono un modello di successo nella definizione di una qualità molto alta, rappresentativa del sistema Italia e riconosciuta in tutto il mondo. La sfida da affrontare ora è l’introduzione di un concetto di sostenibilità a tutto tondo, in linea con le strategie comunitarie. Le IG non possono sottrarsi a tale sfida che sarà un volano fondamentale per tutto il sistema agroalimentare italiano così come lo è stato per la qualità.
A cura della redazione
Fonte: Consortium 2023_03