Vendere il riso ai cinesi. Può sembrare un po’ strano, visto che la Cina è uno dei principali produttori mondiali di riso, e il cereale costituisce uno dei pilastri della cucina locale. Ma in questo caso si parla di un prodotto di nicchia, una delle eccellenze italiane di cui la popolazione orientale, specialmente la fascia più facoltosa, è innamorata: come la Ferrari, il Prosecco, il prosciutto crudo e i grandi marchi di moda. E il riso da risotto, nelle diverse varietà tipiche come il Carnaroli, l’Arborio, il Vialone Nano, che d’ora in avanti potrà essere esportato in Cina grazie ad un accordo sottoscritto a Pechino fra il ministero delle Politiche agricole alimentarie forestali, rappresentato dall’ambasciatore italiano in Cina, Luca Ferrari, e l’Amministrazione generale delle Dogane della Repubblica popolare cinese. E’ un accordo a cui si lavorava da anni: a febbraio il protocollo era a un passo dalla firma ma l’emergenza coronavirus ha bloccato a terra il volo della ministra Bellanova verso la Cina. Il target da raggiungere sono circa 50 milioni di cinesi, in una nazione che conta sempre più nuovi ricchi.
Le varietà
Per l’Italia è un grande risultato, confermano Ente Risi, Associazione Industrie Risiere italiane e Coldiretti Vercelli Biella: con 200 varietà iscritte al registro nazionale, e oltre 220 mila ettari di risaie, l’Italia è leader del comparto nell’Ue, e assicura più del 50% della produzione di riso europeo. Tra le varietà più tipiche ci sono il Carnaroli, indicata per il risotto per la quantità di amido e la resistenza alla cottura, ma anche il Sant’Andrea e il Riso di Baraggia biellese e vercellese, l’unica DOP di riso esistente in Italia. Tante varietà che verranno seminate nelle prossime settimane tra le province di Biella, Novara eVercelli, che insieme a Pavia costituiscono il cuore della produzione risicola italiana.
«Con l’accordo siglato – sottolineano da Ente Risi, presieduto da Paolo Carrà le qualità del riso italiano da risotto vengono ulteriormente riconosciute e potranno essere sempre più apprezzate anche dai cinesi, i maggiori consuma-tori al mondo di questo alimento». «Siamo grati ai ministri Martina e Centinaio prima, e alla ministra Bellanova dopo – dice il presidente di Airi, Mario Francese – per aver tenuto fede alle promesse. L’evoluzione del coronavirus non lasciava sperare in una soluzione a breve. Riuscire a esportare riso in un Paese dove lo stesso termine è sinonimo di cibo, ci inorgoglisce: è la metafora di due nazioni che in un momento difficile scelgono la via della cooperazione guardando avanti»
Fonte: La Stampa