Paolo De Castro, ex ministro ed eurodeputato del Pd: le proteste degli ambientalisti? La proposta del Parlamento UE per la Pac dopo il 2022 fa passi avanti verso la transizione ecologica e tutela il reddito dei lavoratori. Vale 380 miliardi
Scandisce: «La politica agricola è ancorata al Trattato di Roma e ha come obiettivo la tutela del reddito degli agricoltori. Abbiamo cercato con successo di trovare un buon mix tra la sostenibilità ambientale delle misure e la sostenibilità economica e sociale». Paolo De Castro, ex ministro delle Politiche agricole ed eurodeputato del Pd, punto di riferimento a Bruxelles delle imprese agroalimentari italiane, risponde così alle polemiche suscitate dopo il via libera a larga maggioranza da parte del Parlamento UE al testo che sarà la base del negoziato con i ministri Ue per la riforma della Politica agricola comune (Pac) post 2022. La Pac rappresenta il 34,5% del bilancio UE 2020 (58,12 miliardi di euro). Nel bilancio dell’Unione 2021-20271a Pac varrà circa 380 miliardi. Ma si parla di agricoltura anche nel Recovery Fund. «Sono previsti per lo sviluppo rurale circa 8 miliardi per il 2021-2022, cui se ne aggiungono altri 2,5 proposti della Commissione. Abbiamo deciso che andranno a investimenti, giovani agricoltori e misure agroambientali. Per l’Italia, incluso il cofinanziamento, sono circa 2,4 miliardi».
Cosa c’è di green nella nuova politica UE? «La proposta del Parlamento e anche quella del Consiglio, benché meno ambiziosa, sono un passo avanti verso la transizione ecologica rispetto all`attuale politica agricola che riformammo nel 2013 con Dacian Ciolos. Abbiamo aumentato gli impegni ambientali, che sono obbligatori per tutti: almeno il 30% del bilancio per i pagamenti diretti sarà destinato a regimi ecologici volontari a detta del Parlamento Ue, a detta del Consiglio sarà il 20%, vedremo la soluzione finale. Inoltre il 35% del bilancio dello sviluppo rurale è destinato a misure agroambientali. Tutto questo non c’è nella Pac in corso. Sono misure in più che danno il segno della transizione verde».
Perché le associazioni ambientaliste si sono lamentate? «Non è comprensibile. Avrebbero voluto che incorporassimo gli obiettivi del Green Deal e del Farm to Fork dentro la Pac, ma questo non è possibile dal punto di vista giuridico: non si può incorporare in un atto legislativo una comunicazione della Commissione. La Commissione dovrà tradurre la comunicazione in atto legislativo, poi ci sarà un processo democratico di discussione con il Parlamento e con il Consiglio. E infatti abbiamo introdotto nella proposta sulla Pac una clausola di revisione a due anni in modo che in questo periodo, quando prenderanno corpo i provvedimenti legislativi derivanti dal Farm to fork e dal Green Deal, li potremo incorporare nella Pac, ma non possiamo abdicare al nostro ruolo. Le Ong chiedono ora alla Commissione di ritirare la proposta, ma è una richiesta antidemocratica. 11 Parlamento ha votato a larga maggioranza un testo a cui si è arrivati in due anni con oltre duemila emendamenti. Pascal Canfin di Renew Europe, presidente della commissione Ambiente, che ha guidato il WWF francese, ha votato positivamente il pacchetto di riforma. Su Twitter ha anche sottolineato i meriti per avere migliorato la proposta iniziale della Commissione».
Quando arriverà la Pac definitiva? «La procedura ordinaria in codecisione, una volta definite sia la posizione del Parlamento sia quella del Consiglio, prevede che la presidenza tedesca apra i triloghi per la stesura dei testi legislativi. La prima riunione sarà mercoledì. Entro dicembre è impossibile chiudere il negoziato ma non abbiamo fretta perché il regolamento transitorio ha prorogato l`attuale Pac per altri due anni. L`importante è che raggiungiamo un accordo entro la primaveraestate del 2021, per la scorsa Pac ci vollero ben 53 triloghi».
La nuova Pac prevede piani strategici nazionali. Si nazionalizza l’agricoltura UE? «il Parlamento europeo ha fatto battaglia e ha bloccato la rinazionalizzazione della Pac: ci sono i piani strategici nazionali, ma le misure per fare gli ecoschemi e da prevedere nei piani strategici sono decise a Bruxelles, non c`è più come nella proposta della Commissione la totale libertà per gli Stati membri di costruirsi le misure a loro piacimento. Questo è importante perché così si evitano distorsioni di concorrenza, che potrebbero sorgere dagli aiuti e dalle politiche nazionali. Abbiamo bisogno di continuare ad avere una politica agricola comune con le regole uguali per tutti e decise a Bruxelles. Poi ci può essere una quota di flessibilità aggiuntiva per gli Stati membri in modo che le misure si possano adattare in maniera più efficace alle varie realtà territoriali dei diversi Paesi. Il Parlamento UE ha anche bloccato la ricentralizzazione: i programmi dello sviluppo rurale sono elaborati dalle Regioni e non da un unico ente come previsto dalla Commissione».
Come cambia la valutazione di Bruxelles? «La Commissione valuterà i risultati dei piani strategici, e non soltanto la loro conformità alle norme dell’UE. Prima esisteva solo il principio della condizionalità: ti do gli aiuti se fai certe cose. Ora c`è anche il controllo della performance dopo due anni: la Commissione verifica se gli obiettivi sono stati raggiunti. Se non è così lo Stato dovrà modificare il piano strategico. È una risposta alle critiche alla Pac mosse dalla Corte dei Conti europea».
Fonte: L’economia – Corriere della Sera