Vino e cambiamenti climatici. Vendemmie anticipate, compromessa la qualità e la gradazione, che aumenta. “Volumi giù, in futuro il 90% delle vigne in Italia rischia di sparire”.
Il bicchiere non è mai stato così vuoto. Bisogna tornare al 1961 per trovare una produzione di vino altrettanto scarsa: 237 milioni di ettolitri nel mondo nel 2023, in calo di 25 milioni rispetto all’anno precedente.
I consumi sono ai livelli più bassi dal 1996 e nel suo rapporto sul 2023, l’Oiv – Organizzazione internazionale della vite e del vino – giovedì scorso ha prospettato un futuro incerto per la bevanda che pure da sempre accompagna l’uomo.
Le ragioni del calo le aveva spiegate, tra gli altri, uno studio sul numero di aprile di Nature Reviews. Il caldo ha ormai un effetto dirompente sui vigneti. In 40 anni la vendemmia si è anticipata di 2-3 settimane.
Se il riscaldamento climatico arrivasse a 2 gradi (ora siamo a 1,4), “il 90% delle regioni vinicole tradizionali situate nelle pianure e nelle regioni costiere di Italia, Spagna e Grecia rischierebbe di scomparire entro la fine del secolo”, scrive la rivista scientifica, a tutto vantaggio delle latitudini maggiori, con la Gran Bretagna già entrata tra le nazioni produttrici di discreto livello.
Il rapporto dell’Oiv offre un assaggio di questo scenario: se nel mondo la produzione è calata mediamente del 10%, in paesi caldi come l’Italia e la Spagna si è scesi del 23% e del 21%, arrivando a 38 e 28 milioni di ettolitri. Per l’Italia è il valore più basso dal 1950.
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Fonte: La Repubblica