Una cosa è certa. L’onda lunga del “caos Brexit” non potrà non abbattersi anche sull’Italia. E sarà destinata a fare – comunque sarà il modo per “risolverla’ – danni. Un “terremoto” non da poco, se solo si tiene presente che il Regno Unito rappresenta il quarto mercato di sbocco per le esportazioni agroalimentari tricolori e il terzo all’interno dei confini comunitari. L’allarme è trasversale. E coinvolge l’intero mondo agricolo del Bel Paese. «Si va creando una situazione di grande incertezza per imprese e cittadini, che può assumere una dimensione ancora più allarmante in una fase di difficoltà sul fronte del commercio internazionale e della crescita economica», fa sapere il presidente nazionale di Cia-Agricoltori Italiani, Dino Scanavino.
L’export agroalimentare Made in Italy verso il Regno Unito oggi vale 3,4 miliardi di curo. Tra i prodotti italiani più venduti, il primo è il vino, che rappresenta il 24% del totale delle esportazioni Oltremanica, con un fatturato superiore a 830 milioni di curo. Di assoluto rilievo anche il nostro export verso Londra di ortofrutta trasformata (13%) e ortofrutta fresca (6%), così come dei prodotti da forno e farinacei (11%) e dei prodotti lattiero-caseari appunto (9%). E preoccupato anche il presidente della Coldiretti, Ettore Prandini. «La mancanza di un accordo – dice – è lo scenario peggiore perché rischia di rallentare il flusso dell’export, ma a preoccupare è anche il rischio che con l’uscita dall’Unione Europea si affermi in Gran Bretagna una legislazione sfavorevole alle esportazioni agroalimentari italiane». Per Coldiretti un problema importante riguarda la tutela giuridica dei marchi con le esportazioni italiane di prodotti a indicazioni geografica e di qualità (Dop/Igp) come il Grana e il Parmigiano Reggiano, che incidono per circa il 30% sul totale dell’ export agroalimentare made in Italy. E che senza protezione europea rischiano di subire la concorrenza sleale dei prodotti di imitazione da Paesi extracomunitari.
Più cauto il ministro degli Esteri, Enzo Moavero. Che invita a non creare allarmismi: «Non creiamo preoccupazioni inesistenti, non usiamo terminologie che facciano pensare che non ci sia preparazione, stiamo seguendo tutto, da tempo, nel quadro dell’azione Ue e nel quadro del negoziato che i 27 hanno con il Regno Unito e nel quadro bilaterale. Non esiste uno scenario catastrofico».
Fonte: L’Avvenire