Export made in Italy: balzo del 48,6% verso gli Stati Uniti, del 49,1% verso i produttori di petrolio.
A leggere in controluce i risultati dell’export nei primi nove mesi dell’anno, i Paesi di destinazione e l’intreccio con i settori, si vedono nitidamente la struttura del commercio estero italiano e gli effetti della crisi energetica e delle materie prime su di esso. A reggere l’urto, e a far segnare le crescite più alte, anche in valori percentuali, sono statele tradizionali locomotive che trainano le vendite italiane all’estero: Stati Uniti (+48,6% nei nove mesi), Francia (+18,8%) e Germania (+14,8%).
Con una significativa inversione d’ordine rispetto al peso di ciascun Paese sull’export italiano: Germania (primo Paese di destinazione con circa il 13% del totale delle esportazioni) e Stati Uniti (terzo con il 9,8%), invertono le posizioni nella classifica degli incrementi di settembre. Tra i settori con le performance migliori ci sono il farmaceutico (+45,8%) i prodotti in metallo (+20%) e gli alimentari (+18,6%).
«Il primo dato da mettere in rilievo a settembre», dice Lucio Poma, capo economista di Prometeia, «l’attivo della bilancia commerciale italiana al netto dell’energia. Un dato che nella storia recente non è mai stato in discussione. Sempre al netto dell’energia, la bilancia commerciale è attiva, anche nei nove mesi. Per una Paese grande esportatore come l’Italia avere confermato il trend è fondamentale per evitare di mettere a rischio i conti e la competitività del sistema produttivo».
La chiesa è al centro del villaggio nonostante il suo cliente più fedele, la Germania, attraversi un periodo di rallentamento significativo con una crescita del Pil dell’1,5% nel 2022 (e un calo dello 0,9% nel 2023). La crescita tendenziale dell’export è dovuta infatti all’incremento delle vendite di articoli farmaceutici verso gli Stati Uniti, mentre un ulteriore contributo positivo deriva dalla crescita delle vendite di mezzi di trasporto, auto escluse, verso i Paesi Opec (+49,1%) e di macchinari verso Germania e ancora Stati Uniti.
Per completare il quadro, il calo delle vendite di articoli farmaceutici verso Belgio e Germania e di macchinari e apparecchi verso Russia e Cina dà un ulteriore contributo negativo all’export. «In termini assoluti, l’export verso la Germania dice Poma- vale quanto quello verso gli Stati Uniti e la Cina sommati. Per questo, il buon risultato di settembre acquista un significato importante per la solidità del sistema e la sua capacità di compensare il calo tedesco su mercati alternativi». Dove per mercati alternativi (ma sarebbe meglio chiamarli compensativi), si intendono in particolare gli Stati Uniti e i Paesi del Golfo, le aree che stanno avendo i vantaggi maggiori dal rialzo del prezzo delle materie prime energetiche che fanno impennare la bolletta dell’import (si veda l’articolo nell’altra pagina), ma aumentano la capacità competitiva e il potere d’acquisto dei Paesi che esportano gas e petrolio.
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Fonte: Il Sole 24 Ore