Il DOP alle prese col passaggio generazionale mentre l’IGP deve lottare contro le imitazioni
Se c’è un ambasciatore perfetto della storia, della cultura e del nostro territorio questo è senza dubbio l’Aceto Balsamico di Modena. Il Forum di discussione andato in onda in diretta YouTube e sul canale della Gazzetta di Modena (e qui sempre visibile) nei giorni scorsi lo ha dimostrato aldilà di ogni ragionevole dubbio. A parlare per oltre un’ora di questa eccellenza gastronomica sono intervenuti il direttore del nostro quotidiano Cristiano Meoni; il vicedirettore Andrea Mastrangelo; lo chef Stefano Corghi, presidente dei ristoratori di Modena a Tavola; Leonardo Giacobazzi, produttore e vicepresidente del Consorzio dell’Aceto Balsamico Tradizionale di Modena DOP; il direttore del Consorzio dell’Aceto Balsamico di Modena IGP Federico Desimoni (che siede anche nel consiglio di Origin Italia) e il presidente del Consorzio dell’Aceto Balsamico Tradizionale di Modena DOP (nonché di Palatipico-Piacere Modena e del neonato consorzio di secondo grado Le Terre del Balsamico) Enrico Corsini.
Parlando di questi prodotti, va chiarito che si tratta di eccellenze simili, ma diverse allo stesso tempo. Prendiamo ad esempio i numeri della filiera dell’Aceto Balsamico Tradizionale di Modena DOP: 260 produttori per poco meno di 15 mila litri e 145 mila bottigliette da 100 ml prodotte (di cui poco più di un terzo con prodotto invecchiato 25 anni). Stima del giro di affari complessivo 5 milioni di euro, quota export 70% circa. Il sistema dell’Aceto Balsamico di Modena IGP comprende invece 2.400 aziende agricole certificate, con una superficie vitata di oltre 14.000 ettari, 92 produttori di mosto e aceto divino e 61 acetaie, impiegando tra i 25.000 e i 30.000 addetti lungo tutta la filiera produttiva.
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Fonte: Gazzetta di Modena