Winesurf “Buongiorno Giovanni. Iniziamo cercando di esorcizzare un po’ la situazione. Tu passerai alla storia per essere stato il presidente del Consorzio Chianti Classico durante il Coronavirus. Come ti vedi in questo ruolo?”
Giovanni Manetti “Buongiorno a voi. Innanzitutto non ci tengo a passare alla storia. Viviamo un periodo molto strano, una cosa mai verificatasi prima e tutti noi stiamo cercando di affrontarlo al meglio, grazie a tutte la aziende chiantigiane che continuano a lavorare.”
W. “A proposito di lavorare: com’è la situazione sanitaria in Chianti Classico?”
G.M. “E’ in evoluzione e quello che succede oggi non è detto che accada domani! Però i casi, per quello a cui sono a conoscenza, sono veramente rarissimi e so che in tutte le aziende il lavoro sta continuando, anche grazie al meteo favorevole. C’è molto da fare in vigna perché siamo alle porte del germogliamento.”
Foto Apsana Macchi
W. “Che attività vengono fatte adesso in vigna?”
G.M. “C’è ancora chi deve finire la potatura e poi dipende dal tipo di forma di allevamento: chi ha il guyot è impegnato nelle operazioni di piegatura e legatura. Questo è anche il momento ideale per impiantare o reimpiantare nuovi vigneti. Non ci scordiamo delle concimazioni. Insomma il lavoro non manca e la fortuna di lavorare in campagna è quella che possiamo stare distanti l’uno dall’altro, come stiamo facendo da noi, e così lavorare in mezzo ad un mondo bellissimo rispettando le giuste regole imposte dal governo.”
W. “Una delle più grosse stupidaggini girate in questi giorni, soprattutto all’estero, ma che corre il rischio di essere presa sul serio da qualcuno, è quella relativa al fatto che il vino possa essere infettato dal Covid-19. Mi puoi aiutare sia come produttore di vino sia Presidente del Consorzio del Chianti Classico per far capire quanto sia falso dirlo?”
G.M. “E’ una grandissima stupidaggine e rientra in quelle che si chiamano le fake news. Il virus può essere trasmesso solo da una persona all’altra e a contatto con gli oggetti rimane in vita pochissimo, in un liquido figuriamoci. E’ un problema che non esiste: medici, esperti, professori di igiene alimentare ci assicurano che è appunto un falso problema e che non solo il vino ma i prodotti agroalimentari italiani in particolare sono esenti da virus. I consumatori possono stare tranquilli perché questa è una notizia assolutamente falsa.”
W. “Parliamo di cose ancor più tristi, se possibile. In generale cosa sta accadendo nei mercati, sia per quanto riguarda il Chianti Classico?”
G.M. “La situazione è questa: ordini dalla ristorazione non arrivano, ma continua ad arrivare qualcosa dalle enoteche online. L’estero si sta fermando nei paesi in cui sta arrivando il virus e che sono in lieve ritardo rispetto alla nostra situazione. Ordini non arrivano ma c’è un segnale di speranza che arriva dall’Asia, dove gli ordini stanno ripartendo: in questa settimana (dal 15 al 22 marzo) ho ricevuto ordini da clienti di Hong Kong, di Shangai, dal Giappone e anche dalla Corea del Sud. Quindi vuol dire che in Asia sta già passando questa maledetta “perturbazione”. Questo è un segnale che deve dare speranza a tutti noi in occidente. La crisi passerà, tutto sta a noi nel comportarsi nella maniera adeguata.”
W. “Come pensi che evolverà la situazione nell’agroalimentare e nel vino subito dopo il coronavirus e più avanti , nel futuro?”
G.M. “L’agroalimentare italiano non perderà il suo appeal a causa di questa crisi. Il settore più danneggiato è quello del turismo, che è legato stretto al vino e all’agroalimentare. La prima cosa da fare al termine di quest’emergenza è di organizzare una grandissima campagna di immagine sui nostri mercati esteri, per invogliare i turisti a ritornare in Italia e a consumare i nostri prodotti. Dovremmo farla tutti assieme: produttori , ministero, regioni, consorzi. Occorrerà mettere in moto un vero e proprio Rinascimento.”
W. “Neanche a farlo apposta l’ultima domanda che stavo per farti è: hai stappato qualche bottiglia particolare? Qualche sorpresa?”
G.M. “Proprio tra questi vini, se devo citare un’etichetta, parlerei del Boca Le Piane del 2016, un’annata fantastica. Ma tornando in generale all’Alto Piemonte, pensa che circa un secolo lassù parlavano addirittura di avere 40.000 ettari di vigneto. Forse è un dato un po’ esagerato ma dove adesso ci sono boschi allora c’erano vigneti. Invece oggi queste denominazioni hanno pochi ettari, ma in passato avevano un immagine pari o superiore a quella del Barolo.”
W. “Non hai bevuto rosé in questo periodo (a Giovanni non piacciono n.d.r.)”
G.M. “No (ridendo), come sai non li apprezzo molto ma quando ci mettiamo la sera a tavola e stappiamo una bella bottiglia è proprio un momento da ricordare: un’ altra piccola cosa positiva di questo periodo. Poi due dei miei figli lavorano già con me e quindi possiamo scambiarci dei pareri e parlare tranquillamente.”
W. “Quindi quanto staranno i due ragazzi a buttarti fuori dall’azienda?”
G.M. “(Ridendo) Per adesso e ancora per un po’ mi lasceranno lavorare insieme a loro.”
W. “Grazie Giovanni e ricordo a te e ai lettori che dovremo fare un’altra intervista, questa però dopo “la bufera” su due argomenti importantissimi: il caso della Gran Selezione e l’idea di zonazione chiantigiana.”
Fonte: www.winesurf.it