I primi riscontri sugli scambi UE-Canada sono incoraggianti
Dopo essere trascorsi mesi dall’avvio provvisorio dell’Accordo economico e commerciale tra l’UE e il Canada (CETA), gli scambi tra le due parti stanno registrando un andamento positivo: scende l’import dei frumenti canadesi, cresce l’export agroalimentare europeo verso il Paese nordamericano. L’accordo – che prevede, tra le altre cose, la protezione di 41 denominazioni DOP-IGP italiane dalle imitazioni sul mercato canadese – sta iniziando già a mostrare reali vantaggi per il nostro Paese. Grazie alla sua implementazione, ad esempio, è stata risolta l’annosa vicenda del divieto di esportazione del Prosciutto di Parma DOP.
I primi riscontri
I primi dati che sono stati rilevati sciolgono alcuni timori legati ai rischi dell’attuazione del CETA: per il momento, infatti, non si registra un grande volume di importazioni di frumenti dal Nord America in Italia, evidenza che smentisce la tesi secondo la quale il documento negoziale avrebbe favorito tale processo. L’altra perplessità era invece collegata alla qualità del prodotto che sarebbe giunto nel nostro Paese, dal momento che in Canada si fa largo utilizzo di diserbanti in fase colturale. [blockquote size=”fourth” align=”right” ]Nella crisi del multilateralismo, gli accordi bilaterali sono un’opportunità[/blockquote] A tal proposito, è bene precisare che la questione degli erbicidi, sostanzialmente legata all’impiego del glifosato (limiti di utilizzo o divieto), rappresenta una partita diversa e ancora aperta, contenuta in un dossier europeo specifico non inserito nell’accordo commerciale Europa-Canada. In merito a quanto sta accadendo nella realtà commerciale, invece, è utile constatare che, qualora le ultime tendenze venissero confermate, a fine anno le importazioni di frumento canadese scenderebbero dalle 796 mila tonnellate del 2017 (erano 1,2 milioni nel 2016) alle 430 mila, mentre le esportazioni agroalimentari verso il Canada varrebbero circa 910 milioni di euro. Al contempo, le prestazioni dei nostri prodotti risultano incoraggianti. Il dato più significativo è quello relativo al vino (+11%): nel caso in cui tale percentuale si stabilizzasse, nel 2018 il vino italiano muoverà 370 milioni di euro verso il Paese della foglia di acero. Tali rilevamenti configurano il Canada come uno sbocco commerciale potenzialmente rilevante per il settore agroalimentare italiano. Un valore che, prima del CETA, già sfiorava gli 800 milioni di euro per le esportazioni tricolore. Stando a questo trend, i benefici commerciali per il nostro Paese sarebbero tangibili. In un momento di profonda crisi del multilateralismo, in cui padroneggiano dazi, innalzamento di barriere e ostacoli al commercio internazionale, gli accordi bilaterali, se ben gestiti e governati, rappresentano un’opportunità da cogliere.
I punti e le novità chiave
In estrema sintesi, ripercorriamo i principali contenuti del CETA e le novità introdotte: 32.000 tonnellate di formaggi europei saranno esportate in Canada a dazio zero, di cui 16.800 saranno di formaggi ad alta qualità DOP IGP. Le importazioni di carne canadese dovranno essere limitate nelle quantità e conformi alla regolamentazione UE (ad esempio, le carni non dovranno essere trattate con ormoni). La carne bovina canadese, che verrà liberalizzata gradualmente, varrà lo 0,6% dei consumi UE, quella suina lo 0,4%. Il grano canadese (duro e tenero di alta qualità) continuerà, come accade oggi, ad essere importato a dazio zero. Le importazioni in Europa di mais canadese saranno graduali e raggiungeranno, una volta a regime, 8.000 tonnellate annue. Inoltre, verranno rimosse importanti barriere commerciali che, ad oggi, penalizzano le esportazioni europee di prodotti alcolici e di vini. Infine, saranno ridotte ed eliminate tariffe sulle esportazioni di importanti prodotti agroalimentari europei (prodotti a base di cereali come pasta, e biscotti, preparati di frutta e verdura). Il nuovo contesto delineato dal CETA, sebbene presenti dei margini di incertezza, regolamenta e armonizza di fatto i meccanismi di domanda e offerta, dispensando delle buone opportunità sia per le imprese agroalimentari italiane che per i consumatori canadesi. Pertanto, sarà compito dei produttori italiani, poi, sfoderare quelle qualità e quelle capacità di saper “raccontare” le produzioni nazionali che costituiscono un appeal decisivo per conquistare questa nuova fetta di consumatori.
a cura del Centro studi Cia
Fonte: Consortium 2018/00