Sole 24 Ore Agrisole
Nel 2012 le vendite del Pecorino toscano DOP sono cresciute del 6,3% in quantità e del 3,4% in valore. Un risultato sorprendente, se si considera che il prodotto ha come mercato di riferimento l’Italia; che si colloca su una fascia di prezzo abbastanza alta, tra otto e dieci curo il chilo all’ingrosso; e che il settore caseario soffre. Dunque, com’è possibile andare in controtendenza? «I fattori sono tanti – risponde Andrea Righini, direttore del consorzio Pecorino toscano DOP, che ha sede a Grosseto – primo fra tutti il fatto che il consumatore che acquista il nostro prodotto si sente tranquillo e garantito, perché sa dov’è fatto e di che qualità è. La Dop, insomma, fa la differenza nei consumatori, e comincia ad avere peso anche nella distribuzione: e infatti negli ultimi anni sono entrati nel consorzio nuovi soci “obbligati” dalla Gdo, che chiedeva di avere il pecorino Dop». Ad aiutare c’è poi il fatto di essere legato a un brand come la Toscana, uno dei territori più conosciuti al mondo. Attualmente i soci del consorzio sono 245 allevatori, 17 caseifici, due stagionatori e un confezionatore; la zona di produzione della Dop è l’intero territorio toscano, più due comuni umbri e 11 nel Lazio. Nel 2012 nella zona d’origine sono stati lavorati 34,5 milioni di litri di latte ovino (+2,5% rispetto al 2011), di cui 17,3 milioni (+1,6%) trasformati in Pecorino toscano Dop, per una produzione di 3.067 tonnellate che ha generato un fatturato all’origine di 22,2 milioni di curo, destinati a raddoppiare al consumo.
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