L’utilizzo delle eccellenze gastronomiche tutelate in prodotti trasformati è un fenomeno in crescita, che coinvolge 1.600 aziende per un fatturato stimato in oltre 1 miliardo di euro.
Dalla crema spalmabile al Cioccolato di Modica IGP alla Fanta con Arance Rosse di Sicilia IGP, dal minestrone Findus con basilico genovese DOP, patata del Fucino IGP e cipolla rossa di Tropea IGP alle varie paste ripiene a base di prosciutto di Parma o gorgonzola, proposte dalle insegne della grande distribuzione organizzata. Si fa sempre più ricco il paniere di referenze che per differenziarsi dalla concorrenza e conquistare un posizionamento premium hanno puntato sulla presenza, come elemento caratterizzante, di un prodotto a marchio UE, dal forte richiamo evocativo e dalla solida reputation di qualità. Il ricorso al sistema delle denominazioni protette e delle indicazioni all’origine come materia prima della trasformazione industriale è un fenomeno in espansione, che coinvolge grandi nomi dell`industria nazionale italiana come Ferrero, brand appartenenti a multinazionali come il già citato Findus, autentici colossi come McDonald`s e Coca-cola, ma anche piccole realtà del territorio in cui lo stesso prodotto a indicazione geografica ricade.
A fotografare il fenomeno e le sue implicazioni anche dal punto di vista normativo, è stata un’indagine quali-quantitativa della Fondazione Qualivita, condotta presso i consorzi che si occupano di tutelare le produzioni di qualità certificata e concedere le autorizzazioni per il loro impiego nelle preparazioni industriali. Secondo la ricerca, le DOP e le IGP destinate alla trasformazione hanno raggiunto un valore alla produzione di 260 milioni di euro, generando oltre 1 miliardo di euro di giro di affari al consumo finale. Le imprese della trasformazione alimentare che hanno utilizzato nel 2020 un prodotto di qualità certificata sono 1.600, per un totale di 4.600 autorizzazioni attive e 13.000 rilasciate finora. Del resto, di fronte a un consumatore dal gusto mediamente più evoluto e attento all`origine di ciò che porta a tavola, l`impiego da parte delle industrie alimentari di prodotti che si fregiano dell’ormai noto bollino comunitario si sta rivelando una strategia vincente sotto diversi punti di vista.
Non è solo un tema di maggior garanzia di qualità della materia prima utilizzata e di tracciabilità della filiera a connotare positivamente le preparazioni che utilizzano le DOP e le IGP tra gli ingredienti, è anche un insieme di elementi intangibili come il legame con il territorio, l`autenticità, la salvaguardia delle economie locali, tutti valori ormai sdoganati nel vissuto del consumatore contemporaneo e che ne ispirano l’esperienza di acquisto.
Tra i primi a comprendere il valore aggiunto nell’utilizzo di un prodotto a qualità certificata c’è stato niente di meno che McDonald`s, con il suo Mcltaly a base di Parmigiano reggiano lanciato oltre 10 anni fa e a cui ha fatto seguito, in tempi più recenti, la collezione My selection, firmata da Joe Bastianich. I panini griffati dal noto ristoratore italoamericano vedono l’impiego di numerose eccellenze del comparto come la cipolla rossa di Tropea, l’Asiago, il pecorino toscano e l’aceto balsamico di Modena e rappresentano uno degli esempi più emblematici di questo connubio in chiave giocai tra due mondi in origine agli antipodi. Un sodalizio mosso dall`esigenza della multinazionale di rivedere la sua value proposition in ottica più salutistica e locale e rilanciare il brand in un momento di forte demonizzazione del modello di consumo del fast food. Le opportunità per la food industry fanno quindi riferimento alla possibilità di trarre vantaggio dalla reputazione delle DOP e IGP, attirare nuovi me segmenti di consumatori, imporsi sul mercato con prezzi premium, e caratterizzare il proprio prodotto rispetto al territorio.
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L’analisi di Qualivita ha inoltre sottolineato l’assenza a livello europeo di una disciplina puntuale e uniforme che regoli le condizioni per l`impiego di denominazioni registrate, non solo nella composizione, intesa come quantità minima di materia prima certificata che un prodotto può contenere affinché tale ingrediente sia definibile caratterizzante, ma anche nella etichettatura, presentazione e pubblicità degli alimentari che contengono DOP e IGP. In Italia il quadro giuridico, seppure incompleto e frammentato, ha previsto una regolamentazione in capo ai consorzi di tutela riconosciuti, ove presenti, oppure in capo al Dicastero delle Politiche agricole.
Fonte: Largo Consumo