L’alleanza più famosa è forse quella siglata a ottobre del 2017 tra il colosso italiano Ferrerò e quello anglo-olandese Unilever: un accordo per produrre insieme in Europa gelati col marchio Kinder. Ferrero ci mette la ricetta del cioccolato, Unilever la capacità di fare i gelati e la rete per distribuirli. Ma di alleanze come queste, se ne contano sempre di più nel panorama dell’alimentare europeo. Non si tratta di acquisizioni o di joint venture che hanno l’obbiettivo di ampliare l’offerta di prodotti. Si tratta piuttosto di alleanze incrociate tra imprese che non necessariamente fanno le stesse cose, ma che mettono insieme le forze per conquistare nuovi mercati.
In Italia, nell’ultimo anno, di intese cross-settoriali i consulenti di AlixPartners ne hanno contate almeno una quindicina. Lo scorso settembre, per esempio, Giv (Gruppo italiano vini) ha stretto un accordo di distribuzione con la Granarolo: una fa vini, l’altra fa latte e formaggi, ma lavoreranno insieme sul fronte della distribuzione per meglio affrontare il mercato svizzero. Anche Illycaffè e la tedesca Jab si sono alleate: in questo modo, il gruppo italiano del caffè ha trovato chi produrrà al posto suo le capsule di metallo Nespresso – compatibili.
Come nasce, questo nuovo filone di aggregazione? Secondo Marco Eccheli, director di AlixPartners, le spinte che hanno generato questa nuova tendenza all’alleanza cross-settoriale sono due: «Da un lato i consumatori chiedono sempre più innovazione di prodotto. Dall’altro, la crescita del private label e la competizione sui prezzi obbligano le aziende a ridurre al minimo i margini di guadagno, se vogliono restare sul mercato». Così, le imprese si alleano per abbreviare i tempi e i costi del cercare nuovi canali distributivi, oppure dell’inventare nuovi prodotti. «Prendiamo Eurovo, uno dei più grandi produttori e distributori di uova in Europa – racconta Eccheli – per tenere il passo con le richieste salutiste e vegetariane provenienti dai consumatori e produrre l’uovo strapazzato con ingredienti solo vegetali, si è alleata con Just Egg, una star-up che aveva già in tasca il brevetto necessario».
Molte di queste alleanze strategiche riguardano accordi distributivi: il produttore siciliano di gelati Stecco Natura, per esempio, si è recentemente accordato con il gruppo Shun Tak Holdings di Hong King per entrare nel mercato asiatico; i vini Bottega hanno firmato un’intesa con il cioccolato Lindt per la promozione congiunta dei loro prodotti nel Travel retail, a cominciare dagli aeroporti; mentre la cantina Masi si è alleata con la vodka Beluga per meglio distribuire il suo Amarone in Russia. La nascita delle alleanze cross settoriali non significa però che l’epoca delle acquisizioni vere e proprie stia venendo meno, anzi. «In Italia l’M&A del comparto alimentare è in aumento», sostiene Eccheli. «Le piccole imprese che hanno prodotti di nicchia stanno guadagnando mercato, e si trasformano così in interessanti target peri gruppi più grandi». L’ultima operazione Newlat-Pasta Delverde lo dimostra. L’identikit della perfetta azienda da acquisire? «È una società ancora di proprietà familiare – spiega Eccheli – con una presenza consolidata sul mercato italiano, ma che ha già esperienza sui mercati esteri. Possibilmente, i suoi prodotti devono essere di fascia alta, meglio se in linea con i trend di consumo del momento: salutisti, sostenibili, biologici». Gioielli come questi entrano non solo nel mirino dei grandi gruppi, ma anche del private equity: secondo AlixPartners, negli ultimi cinque anni i fondi hanno speso oltre 4,2 miliardi di euro in investimenti foodtech. «È indubbio che il private equity guardi anche all’Italia – dice Eccheli – e il suo target preferito sono le imprese fra i 3o e i 40 milioni di fatturato».
Fonte: Il Sole 24 Ore