Il boom dei prodotti DOP e IGP spingono la Toscana al vertice delle produzioni di qualità: 90 marchi protetti, 13 mila tonnellate di cibo, 1,5 milioni di ettolitri di vino. Un giro d’affari da 480 milioni di euro tra piccoli produttori e brand internazionali Siena (da record) guida la classifica regionale, chiusa da Massa Carrara.
«Il fenomeno delle certificazioni è cresciuto negli anni con processi virtuosi che hanno riguardato i produttori e la qualità – spiega Mauro Rosati, direttore di Qualivita, la Fondazione per la protezione e la valorizzazione dei prodotti agroalimentari di qualità che mercoledì 17 a Roma presenterà il Rapporto Ismea-Qualivita sull’impatto socioeconomico di DOP e IGP a livello nazionale – In Italia questo comparto vale circa il 10% dell’intero settore, percentuale che in Toscana è superiore grazie soprattutto al vino, dove le certificazioni sono più vecchie e dove i grandi marchi, Antinori, Frescobaldi, Castello Banfi, hanno fatto da volano aprendo al vino toscano nuovi mercati e dandogli un’immagine di eccellenza che poi ha giovato a tutti coloro che hanno puntato sulla qualità, abituando il consumatore ad essere esigente».
La certificazione è un valore aggiunto come dimostra il caso della Finocchiona IGP che ha avuto la certificazione nell’aprile 2015 e che nella seconda metà dell’anno ha incrementato la produzione di quasi il 10% sulla spinta del riconoscimento. Ma da sola non basta: «Occorre che ci sia un lavoro di affiancamento dei produttori, che sono per la maggior parte piccoli, dopo che si è concluso il lavoro, anche politico, per ottenere una registrazione; altrimenti resta solo il “sigillo” e si perdono occasioni di crescita e sviluppo, anche di nuovi posti di lavoro – sottolinea Rosati – C’è bisogno quindi di una regia unica della Regione, che magari affianchi i consorzi, per spingere sulla promozione, sui controlli di qualità, sull’ottenimento di fondi europei così da rendere la certificazione non un costo per la piccola impresa ma un investimento, anche perché nell’agricoltura non ci sono grandi imprese toscane a fare da traino».
Fonte: Corriere Imprese Toscana