I presidente del Consorzio di tutela dei vini DOC e IGT Colli di Luni Cinque Terre Colline di Levanto e Liguria di Levante, Andrea Marcesini, ci crede.
Un marchio IGT (siglata che sta per indicazione geografica tipica) dalla valenza regionale può essere infatti uno strumento importante per promuovere un marchio, quello della Liguria appunto, capace di ‘pesare’ molto di più sui mercati, soprattutto quelli internazionali. Un progetto sul quale ora conta di sensibilizzare il maggior numero possibile di produttori, della riviera sia di levante che di ponente.
I produttori sposano l’idea della IGT regionale, ma c’è chi storce il naso sulla DOC ligure: «Dobbiamo valorizzare le realtà di nicchia»
L’idea è quella di elaborare una bozza di disciplinare su cui avviare la discussione attraverso una serie di incontri con le aziende vinicole liguri. Temi che porrà di nuovo all’esame dell’assessore regionale all’Agricoltura Alessandro Piana, anche in vista dell’incontro che lo stesso Piana avrà con i produttori del ponente dopo quelli avuti a Castelnuovo Magra e a Riomaggiore.
Ma cosa ne pensano i produttori locali dell’idea di «regionalizzare» l’IGT, anche in vista della successiva creazione di una DOC regionale? L’interesse indubbiamente c’è, anche se accanto ai sostenitori entusiasti non mancano distinguo e riserve.
Sicuramente favorevole Paolo Bosoni, patron dell’omonima azienda, la Cà Lunae di Castelnuovo, 50 dipendenti e una produzione di 350mila bottiglie l’anno fra DOC e IGT destinate al mercato interno ed estero. «Personalmente – osserva – sono del tutto favorevole, ora rappresentiamo un fazzoletto di terra con tante diciture mentre un marchio unico DOC, ma soprattutto IGT, ci porterebbe molti vantaggi. E’ un’idea che del resto ho già sposato sostenendo per il Colli di Luni l’IGP Liguria di Levante. L`ideale in questo contesto sarebbe creare uno spumante IGP della Liguria con metodo Charmat, meno complesso di quello classico, da destinare soprattutto all`estero. Sarebbe la nostra risposta al prosecco».
Anche Matteo Bonanini, presidente della Cantina sociale 5 Terre si dice favorevole all’IGT Liguria, ha qualche perplessità invece sulla DOC: «In una realtà come le 5 Terre – riflette – l’esigenza è di valorizzare le produzioni di nicchia, con la loro identità. Per il Vermentino questo ha un senso, ma da noi le esigenze sono altre. Eppoi l’etichetta, con l’indicazione della DOC ligure, della sotto zona e l’ulteriore livello della produzione di costa diventerebbe una specie di Divina commedia, non mi pare proprio il caso».
«Se sul settore si deve investire – è invece il pensiero di Andrea Federici, produttore (‘La Baia del sole’ di Luni) nonché vice presidente Coldiretti – sono dell’idea che sarebbe meglio pensare all’allargamento della zona DOC della Val di Magra, arrivando fino al confine tracciato dall’autostrada. I produttori sono d`accordo e il recupero di nuove superfici consentirebbe di far crescere le aziende con importanti benefici sull’occupazione. Sulla DOC ligure bisogna invece ragionare a fondo e capire dove stanno i vantaggi».
Piuttosto scettico si dice anche Luigi Grillo, produttore di Monterosso (‘Buranco’): «Francamente il progetto dovrebbe essere chiarito meglio – osserva – e comunque la strada da battere per me è un`altra. Alle Cinque Terre prima del Covid gravitavano oltre due milioni di visitatori l`anno, basterebbe che un turista su 4 acquistasse una bottiglia e per le aziende del comprensorio i problemi sarebbero risolti o quasi. Per fare questo servono però iniziative mirate, soprattutto da parte dei Comuni che dovrebbero garantire incentivi fiscali ai ristoranti che si impegnino a inserire nella carta vini delle Cinque terre».
Fonte: La Nazione – ed. La Spezia