I rossi piemontesi reggono l’urto del Covid e a trascinare l’export ci pensano le DOP è quanto emerge dal dossier Wine Monitor di Nomisma
Bene, o almeno meglio del previsto. Così si sono comportati i vini piemontesi nel 2020, nonostante le incertezze e le difficoltà causate dalla pandemia. E sebbene l’emergenza Covid non accenni a mollare, anche i primi mesi del 2021 sembrano confermare un trend di sostanziale tenuta, pur con molti distinguo tra denominazioni, posizionamenti e mercati di riferimento. Il primo dato riguarda l’export, più in salute del mercato interno. Secondo le elaborazioni di Nomisma Wine Monitor nel 2020, il valore del vino piemontese esportato è aumentato del 2,6%, per un corrispettivo di 1,085 miliardi di euro.
Una performance che colloca il Piemonte al secondo posto nella classifica delle regioni italiane più vocate all’export, con una quota del 17%: meglio solo il Veneto con un valore di 2,2 miliardi di euro e una quota del 36%, mentre la Toscana è terza con 972 milioni e i115%. Ancora meglio hanno fatto i rossi piemontesi DOP, che hanno chiuso l`anno della pandemia a quasi 300 milioni di euro, in crescita a valore de15,8% sul 2019 e a volume del 6,6%.
Stabile il prezzo medio (-0,8%), a 9,68 euro al litro. Tra i mercati, in flessione il top buyer Usa (-1,6%), volano la domanda tedesca (+ 18,7%) e inglese ( + 7,3%), seconda e terza piazza di sbocco per le nostre bottiglie. Per i rossi DOP, Norvegia, Germania, Danimarca, Regno Unito, Svizzera e Svezia sono i paesi dove l`export è andato meglio, mentre Usa, Canada e Giappone hanno registrato un calo significativo.
Numeri che il responsabile di Nomisma Wine Monitor Denis Pantini ha illustrato ai produttori la scorsa settimana nel webinar “Scenari evolutivi e prospettive di mercato per i vini rossi piemontesi”: “Il covid – ha detto Pantini – lascia in eredità un nuovo modo di approcciare i mercati da parte delle imprese: da un lato emerge una multicanalità necessaria per cogliere le diverse opportunità derivanti da un consumatore diventato più infedele rispetto al passato. Dall’altro la necessità di diversificare i mercati di sbocco per ridurre i rischi, in un frangente in cui gli effetti economici da pandemia si rifletteranno sulle capacità di spesa dei consumatori e in particolare sui consumi divino”.
Fonte: La Stampa di Vercelli