L’approvazione del maxiemendamento alla legge di Stabilità, decisiva per le sorti dell’Italia, porta con sé il varo di un provvedimento che riguarda da vicino il mondo dell’agricoltura, con la norma molto discussa della vendita dei terreni pubblici. Una iniziativa lodevole (sulla carta) che dovrebbe dunque avere ripercussioni positive sul debito pubblico italiano ma anche sul settore agricolo. Quest’ultimo ne gioverebbe non solo per l’aumento della superficie coltivabile disponibile ed una maggiore cura e attenzione per il territorio, ma anche e soprattutto perché verrebbe favorito l’ingresso dei giovani in agricoltura, reso finora difficile dall’elevato costo della terra, agevolando i processi di ricambio generazionale nel settore agricolo. Tutto corretto ed altamente auspicabile, ma sorgono diversi interrogativi. In primo luogo i finanziamenti; chi darà credito a quei giovani imprenditori agricoli o potenzialmente tali che decideranno di «finanziare» lo Stato? Molti avranno bisogno di prestiti per poter acquistare i terreni, indebitarsi dunque, ma a quali condizioni? In secondo luogo la questione ambientale. Tra i territori messi in vendita rientrano anche parchi e foreste ed aree protette, per le quali sarebbero previsti dei vincoli precisi da rispettare. Bonelli (Verdi) è scettico mentre per Paolo De Castro, presidente Commissione agricoltura del parlamento europeo, «gran parte di queste proprietà è già di fatto rappresentato da aziende agricole e quindi la valutazione dell’impatto è nella pratica tutta da verificare». Più ottimisti i giovani agricoltori della CIA, che sperano in una rapida attuazione. Mentre Luca Sani, membro della commissione agricoltura della Camera commenta: «Vendere i terreni di proprietà dello Stato, delle Regioni o degli Enti locali ai giovani agricoltori è l’ennesimo atto demagogico dell’uscente governo Berlusconi. Le previste modalità di vendita, infatti, rischiano solo di favorire l’ampliamento di rendite già esistenti»; per Salvatore Santangelo, della fondazione Nuova Italia vicina ad Alemanno «bisogna tenere alta la guardia per evitare che questi territori finiscano nelle mani di speculatori e della criminalità». Ma l’aspetto ancor più preoccupante é un altro. Una volta ottenuti i finanziamenti necessari ed acquistati i terreni quanto sarà remunerativa tale attività? Conosciamo tutti i problemi con cui devono fare i conti i nostri agricoltori oggi, i prezzi dei prodotti sempre più bassi, con un margine di guadagno piuttosto esiguo. Credo quindi che se si vuole concepire questa operazione non solo come una boccata di ossigeno per le casse del Paese ma anche come un investimento che si trasformi in un vero reddito agricolo per gli imprenditori e un valore aggiunto per la crescita economica e occupazionale del Paese, bisogna pensare a risolvere le numerose problematiche dell’agricoltura italiana ben emerse anche ieri al Forum di Cremona. In questi anni di governo Berlusconi il dicastero agricolo ha visto il succedersi di ben 3 ministri. Questo certo non ha favorito il settore. A chi avrà l’incarico di fare il nuovo governo, spetta non solo la risoluzione del grave problema finanziario, ma anche quello di rimettere al centro dell’economia, con un ministro competente, la nostra agricoltura, altrimenti correremo il rischio di rimettere la mano nelle tasche degli italiani per coprire i 6 miliardi di questo provvedimento. Magari potrebbe essere l’ora di avere un ministro tecnico che sia davvero competente del settore, giovane e che abbia un grande appeal per il Made in Italy di qualità.
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