All’inizio del mese di marzo il Ministero delle Politiche Agricole ha pubblicato l’elenco aggiornato dei Prodotti agroalimentari tradizionali. I PAT. L’ennesima sigla del Made in Italy a tavola che si aggiunge a quelle ben più blasonate delle Denominazioni d’origine protette (DOP) e delle Indicazioni geografiche protette (IGP). I PAT sono i parenti “poveri” della filiera alimentare tricolore.
Istituiti per decreto nel 1998, dovevano rappresentare l’ossatura degli alimenti unici e distintivi nella Penisola, al di fuori delle indicazioni geografiche. A distanza di vent’anni restano in un limbo cartaceo che inizia e finisce con gli elenchi aggiornati dalle Regioni e pubblicati una volta l’anno sul sito del Ministero delle Politiche Agricole. Un peccato perché dentro a questi elenchi grezzi, respingenti perfino nell’aspetto, ci sono i contenuti unici e distintivi dello Stivale nel piatto.
L’ultima novità sul tema è quella rilanciata dall’Ansa alla metà del mese: l’Anguria Pontina, prodotta da una settantina di cooperative, in tutto 300 aziende, nel basso Lazio, ha ottenuto il riconoscimento di PAT dal Ministero dell’Agricoltura. Ma tutto finisce lì. La caratterizzazione di Prodotto agroalimentare tradizionale è talmente debole che lo stesso bollino che la identifica è praticamente sconosciuto alla stragrande maggioranza dei consumatori. Confesso che io stesso, pur vivendo di approfondimenti sull’etichettatura dei cibi, fatico a ricordarlo. D bollino a cerchi concentrici giallo e blu ricorda vagamente quello delle IGP, ma la somiglianza è soltanto cromatica.
Fonte: Libero