La Sicilia
Le mucche al pascolo, i muretti a secco, le balle di fieno: tutto molto bello. Ma non basta più. Nemmeno in questi altopiani da cartolina, con l’aria già frizzantina che ti penetra nei polmoni e il calore di gente semplice e ospitale. Non basta più. Perché il mondo è cambiato. E nemmeno la qualità allo stato puro riesce più a garantire la sopravvivenza, anche a chi – in questi pascoli, in questi capannoni, nei depositi-forzieri di forme formidabili – c’è già da più generazioni. E se il “modello Ragusa” è in crisi, come testimoniano i numeri prima ancora che gli odori che si annusano e le sensazioni che si avvertono, non rappresenta più un’eccezione nemmeno la zootecnia. Il latte non è più un affarone, anche se resta una delle poche scialuppe di salvataggio nell’agricoltura siciliana che affonda.
Ma questa gente, dai gesti semplici e dall’intuito raffinato, ha pensato che adesso è il momento di uscire dall’angusto (anche se fino a poco tempo fa rassicurante) recinto degli allevamenti iblei. Una rivoluzione di spazi e di tempi. La “stalla 2.0” non è più soltanto ragusana, ma si estende su sette province in tutti gli altri territori vocati della Sicilia e in particolare nell’Agrigentino.