I cambiamenti climatici, come confermato anche dall’ultimo rapporto Ipcc (Intergoverninentalpanelon climate change), costituiscono una delle più gravi minacce di questo secolo, per la rapidita’ con cui le attivita’ umane stanno alterando gli equilibri degli ecosistemi naturali e per la gravita’ delle sue conseguenze. Sono quindi al centro del dibattito internazionale, europeo e nazionale, al fine di individuare azioni di mitigazione volte alla riduzione delle emissioni di gas ad effetto serra (Ghg) da parte dei principali settori industriali responsabili.
Per il nostro Paese in particolare, un ambito strategico, anche se di minor impatto complessivo (produce il 18,8% del totale delle emissioni nazionali), è rappresentato dal settore agroalimentare. Il tema è, naturalmente, stato oggetto all’interno del dibattito della nuova Pac (Politica Agricola Comune) europea che si trova attualmente in fase di approvazione finale. La declinazione più interessante è stata senza dubbio quella legata al cosiddetto Greening, processo di inverdimento, che nella Pac è stato tradotto con il 30% del sostegno al reddito di ogni produttore vincolato all’adozione di pratiche eco-compatibili.
Da una parte si cerca di dare risposte sul Protocollo di Kyoto che impone obiettivi quantificati e vincolanti da raggiungere con tempi e mezzi stabiliti a livello internazionale, dall’altra l’attenzione sul Greening riguarda soggetti che, pur non obbligati da leggi, decidono di inserire programmi di riduzione o compensazione delle emissioni all’interno della loro politica ambientale. I progetti di riduzione delle emissioni possono infatti generare crediti di carbonio che possono essere venduti nel mercato volontario del carbonio da un soggetto «assorbitore» di CO2 al fine di compensare le emissioni di un altro soggetto «emettitore» di CO2.
Ad oggi appare sempre più opportuno che il mercato delle verifiche e validazioni Ghg trovi rapidamente la sua diffusione. Questa può essere una delle strade che fanno tornare la terra (intesa in tutti i suoi significati) al centro della scena, può essere un modo di spingere con forza su vere pratiche agricole, capaci di essere volano economico e buona qualità della vita allo stesso tempo. Se a questo sommiamo il crescente ritorno all’agricoltura delle giovani generazioni e le agevolazioni di base accordate agli under-40 dalla nuova Pac (con un +25% per i primi 5 anni di attività) possiamo davvero intravedere un investimento per il futuro.
In Italia per rispondere in maniera efficace alle nuove istanze produttive è stato lanciato un progetto innovativo: il primo registro, in Europa, per le emissioni di CO2 del settore agroalimentare. CO2 Resa, questo il suo nome, ha l’obiettivo di valorizzare i crediti di carbonio sul mercato volontario del settore agroalimentare. Nel registro, infatti, verranno iscritte tutte le aziende che negli ultimi due anni hanno attivato processi volti a ridurre le quantità di gas e quelle che metteranno in pratica azioni che riducano i gas climalteranti emessi per la propria produzione nell’ottica dello sviluppo sostenibile e della tutela ambientale.
Le aziende che si iscriveranno saranno quindi in grado di ottenere una fonte di reddito ulteriore da un comportamento virtuoso. I progetti imprenditoriali improntati alla riduzione delle emissioni produrranno crediti da scambiare sul mercato, acquistabili da altre aziende che vogliono compensare le proprie emissioni di gas serra.