L’invasione del Mediterraneo di questa specie è uno dei fenomeni dell’estate. La ricerca universitaria da anni ha preso in esame le dinamiche di spostamento del granchio blu che oggi sta minando la biodiversità di molti ecosistemi
Il granchio blu (Callinectes sapidus Rathbun, 1896) è una specie dell’Atlantico occidentale che si trova naturalmente tra Canada meridionale e Argentina settentrionale. È presente nel Mediterraneo dalla metà del XX secolo: il primo avvistamento ufficiale è avvenuto nel 1948 nel mare Adriatico settentrionale, anche se la sua la presenza nel Mar Egeo è probabile già nel 1935. Si tratta di una specie con elevata fecondità, forte capacità natatoria e comportamenti aggressivi. Questi tratti hanno contribuito alla sua proliferazione nel Mar Mediterraneo e alla sua inclusione nella lista delle 100 specie marine aliene più invasive nei nostri mari.
Una grande attitudine riproduttiva, forte capacità natatoria e di spostamento, comportamento aggressivo. Sono i tratti salienti del Callinectes sapidus Rathbun, più comunemente noto come granchio blu per via della sua livrea, una specie proveniente dall’Atlantico Occidentale che nell’ultimo anno è tornata a far parlare di sé nel Mar Mediterraneo. Numerose ricerche scientifiche negli anni hanno analizzato i suoi comportamenti e la sua attitudine, prevenendo in parte quello che in realtà è un ritorno nel Mediterraneo, dove era stato già rilevato a metà degli anni ’50 del Novecento. Il numero di nuovi casi che entrano nel bacino continua ad aumentare negli ultimi anni e questa specie si trova ormai quasi ovunque (Mancinelli et al. 2017) soprattutto in ambienti variabili come i sistemi lagunari poco profondi marini e salmastri, gli ecosistemi estuari e costieri. Il crostaceo è considerato un forte concorrente e predatore della fauna marina con la capacità di modificare gli habitat bentonici, interagendo negativamente con la biodiversità locale. La rapida e diffusa distribuzione del granchio blu in tutto il Mediterraneo, combinata con la relativa mancanza di informazioni sugli impatti delle attuali e future condizioni di riscaldamento sulle prestazioni della specie (Marchessaux et al. 2022), fa pressione al mondo scientifico per ottenere una valutazione credibile dell’effetto del disturbo climatico sui tratti funzionali della specie.
Il cambiamento climatico come principale causa della presenza del granchio blu
Secondo le ricerche fino a oggi realizzate e in analisi, sarebbe il graduale riscaldamento delle acque costiere ad aver agevolato gli spostamenti di questa specie. In ambienti caratterizzati da temperature dell’acqua invernali inferiori a 10 gradi centigradi infatti, i granchi blu diventano inattivi, con effetti negativi sia sulla sopravvivenza che sui tassi di riproduzione. L’attuale aumento della temperatura superficiale delle acque dell’Atlantico meridionale e del Mediterraneo, con effetti di riscaldamento ancora più evidenti nell’area Adriatico/Ionio e nel Mar Nero, potrebbe aver influenzato positivamente il tasso di sopravvivenza delle popolazioni svernanti così come i loro tassi di maturazione e la produzione di covate, in ultima analisi, aumentando la loro forma fisica e promuovendo la loro espansione.
L’impatto devastante del granchio blu sulla biodiversità locale
La capacità del granchio blu di attaccare pesci e altri crostacei in impianti di allevamento, o intrappolati nelle reti da pesca e di danneggiare gli attrezzi da pesca, sono le ragioni per cui questa specie è ora considerata un potenziale impatto negativo a livello sociale ed economico, oltre al suo effetto sulla biodiversità nativa (Mancinelli et al. 2017). A rimetterci a livello di ecosistema sono state specie autoctone come il granchio verde, l’anguilla, la triglia. Laddove è presente una colonia di granchio blu anche la cattura complessiva di pesce ha dimostrato un declino costante, anche questa in parte attribuibile all’invasione del crostaceo. Questi impatti sono probabilmente guidati dalla predazione, perché il granchio blu consuma in modo efficiente un’ampia varietà di prede di invertebrati e vertebrati ed è stato precedentemente dimostrato che influenza la struttura delle comunità di prede (Marchessaux et al. 2022).
In Italia in questa estate abbiamo assistito a un attacco continuo anche di allevamenti di molluschi, soprattutto nelle zone maggiormente vocate a questa attività, con forti ripercussioni a livello non solo economico, ma soprattutto ecosistemico.
Ecco come convivere con il granchio blu secondo la scienza
Secondo una delle più recenti ricerche condotte dal Dipartimento di Scienze e Tecnologie Biologiche e Ambientali dell’Università del Salento, in collaborazione con altri enti di ricerca tra cui il CREA, tre sono gli approcci per gestire l’espansione del granchio blu. Il primo è semplicemente uno scenario “no action”. La pesca eccessiva, l’inquinamento, i cambiamenti indotti dall’uomo nelle condizioni oceanografiche o il tamponamento naturale dovuto a controlli intra o inter-specifici dipendenti dalla densità all’interno delle comunità bentoniche possono in definitiva limitare o addirittura invertire l’espansione del granchio.
La seconda possibilità è quella di sviluppare una politica di controllo delle specie. In linea di principio, l’eradicazione rimane l’approccio primario. Tuttavia, i requisiti in termini di tempo e risorse monetarie per completare con successo le campagne di eradicazione, in particolare per gli invasori acquatici, sono riconosciuti come enormi.
Il terzo approccio, quello al momento più praticabile, prevede una gestione avanzata della specie come risorsa di pesca di alto valore da attuare con una gestione volta a ridurre al minimo i costi di controllo e mitigazione del granchio azzurro come specie invasiva, sfruttandolo come prodotto di molluschicoltura. Questo ultimo approccio è stato già sperimentato nella costa sarda dove si sono messe in campo politiche di successo di sfruttamento e commercializzazione di un prodotto ittico il cui valore economico è già stato riconosciuto negli Stati Uniti (Mancinelli et al. 2017).
Cozza di Scardovari DOP, modello di pesca sostenibile, è ora a rischio
Tra gli ecosistemi maggiormente danneggiati dal granchio blu c’è quello della Sacca di Scardovari, in Veneto, dove prendono vita gli allevamenti dell’unica cozza europea DOP.
Questo paesaggio, che fa parte del Delta del Po, è caratterizzato da risacche dove le acque del mare si incontrano con quelle dei canali della foce, rappresentando in Italia una delle maggiori espressioni di biodiversità. La Cozza di Scardovari DOP, oltre a essere una eccellenza gastronomica in grado di generare centinaia di posti di lavoro, ha dato vita negli anni anche a un esempio di promozione del territorio come volano del cosiddetto Turismo DOP. Gli allevamenti della Cozza di Scardovari DOP sono stati anche oggetto di un recente studio condotto dal CREA che ha dimostrato come questa eccellenza abbia una bassissima impronta di carbonio, divenendo così una delle filiere di produzione di proteine animali tra le più virtuose e meno impattanti a livello ambientale.
A cura della redazione
Fonte: Consortium 2023_03