Il futuro del settore suinicolo fa leva sull’export. Nessun miglioramento invece sul fronte della domanda interna ancora in contrazione. Le famiglie italiane, secondo un’elaborazione di Ismea,hanno ridotto di quasi il 6% le quantità acquistate di carne fresca spendendo nella prima metà dell’anno il 7,4 per cento in meno. Ma la disaffezione ha penalizzato anche i salumi con un calo del 6%in quantità e del 5% in valore, in particolare wurstel (-18%), salami (-4,2%), prosciutto crudo (-4,1%) e in maniera più attenuata il cotto (-1,9 per cento). Altalenanti anche i risultati delle indicazioni geografiche. Il Prosciutto di San Daniele DOP ha perso l’8,4 per cento. Completa il quadro il trend negativo di Speck Alto Adige IGP (-4%) e i Salamini Italiani alla Cacciatora DOP (-3,1 per cento). In crescita solo il Prosciutto Toscano DOP che balza del 64 per cento , lo Zampone di Modena IGP con quasi il 45% in più e la Mortadella di Bologna IGP (-13,9 per cento).
In flessione, secondo il report dell’Ismea, anche i consumi di carni fresche suine. Nei primi otto mesi dell’anno infatti gli acquisti delle famiglie sono calati di quasi il 6% in quantità e del 7,4% in valore. Le maggiori contrazioni si registrano nel Sud Italia con una flessione del 6.4 per cento. Il calo si ferma all’1,4% nelle regioni centrali. I minori acquisti hanno penalizzato soprattutto i canali di vendita tradizionali con un crollo del 9 per cento sia in quantità che in valore. Ha tenuto meglio la grande distribuzione (-5,8% in quantità e 7,4% in valore). Particolarmente negativo poi l’andamento dei discount, l’unico canale che aveva tenuto nel 2015. Ismea conclude che «la crisi della carne suina non è dovuta solo afattori economici, ma anche legata a un nuovo atteggiamento più salutistico del consumatore che si indirizza verso altri prodotti».
Fonte: Il Sole 24 ore – Agrisole