I rapporti economici tra Italia e Giappone vedono una prospettiva di intensificazione grazie a nuovi fattori che analisti e operatori ritengono in grado di spronare le attività di business nei due sensi. Il primo è l’Economic Partnership Agreement (Epa) tra Ue e Sol Levante, entrata in vigore il primo febbraio scorso, che oltre all’eliminazione o abbattimento dei dazi tende a ridurre le barriere non tariffarie. Il secondo è l’intesa bilaterale tra Roma e Tokyo nel “procurement” militare, in applicazione da poche settimane fa: combinandosi con un allentamento dei limiti di derivazione costituzionale alle attività verso l’estero delle imprese nipponiche, dovrebbe favorire inedite partnership nel settore della Difesa (con Leonardo in prima fila, non più solo per strappare contratti di export).
Aleggia inoltre la possibilità di dare un contributo anche italiano a un “concept” promosso dal Giappone – quella di una Regione Indo-Pacifico libera e aperta – su cui il premier Conte ha delineato una adesione di massima del governo durante la recente visita a Roma di Shinzo Abe. Sul punto, l’ambasciatore in Giappone, Giorgio Starace, ha indicato che si tratta di un “format” in grado di essere complementare alla Belt & Road a trazione cinese, favorendo collaborazioni nippo-italiane in Paesi terzi non solo dell’Asia meridionale ma anche lungo la direttrice che dal Corno d’Africa risale al Mediterraneo. Già concreti appaiono gli effetti dell’Epa, che comincia a creare nuove opportunità per le imprese ben al di là del settore agroalimentare (per il quale la Commissione stima a regime un aumento di un terzo dell’export) o delle calzature (dove saranno in prospettiva aboliti non solo i dazi, ma anche un assurdo sistema di quote). Questo, almeno, è il messaggio scaturito dal secondo Eu-Japan Epa Forum svoltosi a Milano alla fine della scorsa settimana: in evidenza le potenzialità legate al comparto industriale e dei servizi, alla chimica- farmaceutica, agli appalti pubblici, all’M&A (partnership e acquisizioni) e alle start-up. Al Forum di Milano, il sottosegretario allo Sviluppo economico Michele Geraci ha sottolineato che non tutti i Free trade agreement sono uguali e per questo l’Italia non ha fretta di far ratificare dal Parlamento l’accordo di libero scambio tra Ue e Canada: «Ci sono Fta buoni, come quello con il Giappone, altri meno buoni o molto meno buoni».
A suo parere, il Free trade tende a generare crescita ma è anche “darwiniano”, in quanto tende a generare vincenti e perdenti: va fatta quindi una attentavalutazione degli impatti su scala nazionale e settoriale. Il che suona come un avvertimento alla Commissione nei negoziati in corso con aree economiche come il Mercosur e l’Australia, che rischiano di portare alcuni significativi svantaggi e generare polemiche. Unabuona occasione per cercare di smussare gli angoli sarà anche il Geo ministeriale su commercio ed economia digitale che si terrà l’8 e 9 giugno a Tsukuba, dove Geraci guiderà la delegazione italiana. Ci sono moltissime opportunita derivanti dall’Epa con il Giappone nel settore industriale, soprattutto per collaborazioni conpartner giapponesi sia per operare in Giappone sia in mercati terzi – osserva Francesco Formiconi, direttore esecutivo dell’European Business Council in Japan – Poi ci sono i settori nuovi, ai quali si è pensato molto quando si è negoziato l’Epa: ad esempio l’economia circolare e l’economia digitale».
Fonte: Il Sole 24 ore