Il Consorzio di tutela impegnato anche nel ricambio generazionale
Le prime bollicine del Franciacorta, quelle che ci accompagnano nei migliori momenti di convivialità, sono state ufficialmente prodotte con il metodo classico nel 1961, ma in quest’area probabilmente si produce vino da sempre, perché sono state trovate tracce della presenza di vinaccioli risalenti addirittura alla preistoria, mentre le prime testimonianze scritte sulla produzione di vino nella zona della Franciacorta, risalgono all’epoca romana. Del legame di questo vino con il territorio ce ne parla Silvano Brescianini, eletto alla presidenza del Consorzio Franciacorta nello scorso dicembre, dopo nove anni di vice presidenza e una vita professionale dedicata al gusto: nel 1988 era uno dei sei cuochi della brigata tutta italiana del mitico San Domenico a New York, ma già a 17 anni – come aiuto sommelier – stappava le bottiglie più prestigiose al mondo.
Si può affermare che tra un territorio e i suoi vini ci sia un legame profondo e inscindibile?
Certamente. Un legame che affonda le proprie radici nella storia e che si alimenta costantemente della passione e dell’impegno con i quali i produttori coltivano la terra: ed è proprio dal rapporto quotidiano tra la terra e l’uomo che nascono i nostri Franciacorta DOP. Un rapporto che si fonda sul rispetto della natura e dei suoi tempi, che non lascia nulla al caso. Gustandoli, si sente che nei nostri vini c’è la Franciacorta. La dolcezza delle sue colline, la varietà di suoli che le contraddistingue, lo speciale microclima che le montagne e il lago di Iseo sanno apportare, la passione per il “saper fare” e il “fare bene” tipica della gente che vi abita. Chi degusta un bicchiere di Franciacorta DOP deve poter fare questa esperienza: assaporare il gusto e i profumi di un territorio straordinario, dove la natura si può esprimere appieno e dove la mano dell’uomo sa mettersi al suo servizio.
Quali sono le caratteristiche uniche del territorio della Franciacorta che si ritrovano nel vino?
I suoli della Franciacorta sono prevalentemente di origine morenica, il primo studio dei suoli risale al 1908 a cura del Consorzio anti fillossera, più recentemente negli anni ’90 abbiamo rielaborato lo studio ricavandone 6 unità vocazionali. Il vitigno principe è lo Chardonnay (80%) seguito dal Pinot Nero (15%) e dal Pinot Bianco, recentemente è stato inserito l’Erbamat, vitigno locale antico già citato dal Gallo. All’inizio degli anni ’60, il giovane enologo Franco Ziliani, con la produzione della prima annata di “Pinot di Franciacorta”, diede il via al passaggio dalla produzione amatoriale di vini con le bolle e di vini spumanti ante litteram, alla moderna e codificata attività produttiva di Franciacorta DOP. Nell’arco di pochi anni, nel 1967, giunse il primo riconoscimento che qualificò la Franciacorta quale zona a Denominazione di Origine Controllata (DOC), mentre dovrà passare ancora un ventennio perché i 29 produttori decidano di associarsi e dare vita, il 5 marzo del 1990, al Consorzio Franciacorta. Nel 1995 il logo consortile diventa l’unica identificazione del Franciacorta che nel frattempo è diventato DOCG, il primo brut italiano a ottenere il riconoscimento di garanzia.
Il Franciacorta DOP come lo conosciamo oggi è una denominazione che ha più di cinquanta anni, ma si può dire che nella zona i “vini effervescenti” esistono da sempre?
La storia del Franciacorta ha origini molto antiche, qui la coltivazione della vite è stata una costante: dall’epoca romana al periodo tardo-antico, fino al pieno medioevo, perché le particolari condizioni pedoclimatiche hanno sempre favorito la crescita dei vigneti. Già ai tempi dei Longobardi il monastero di Santa Giulia attesta la produzione di uva che proviene da Corte Franca come tra le più pregiate ed importanti del territorio che all’epoca si estendeva fino al centro Italia. “La natura non ha donato nulla di più importate all’uomo che il vino” scriveva nel 1570 il medico bresciano Girolamo Conforti parlando dei vini “mordaci” (vivaci ed aspri) prodotti in zona. Agostino Gallo nelle sue Le vinti giornate dell’agricoltura, et de’ piaceri della villa, edito a Venezia nel 1565 parla dell’uso in villa di gustare vini “effervescenti” in quanto conservati in piccole botti nei pozzi fino a primavera. Il catasto napoleonico del 1809 fotografa una realtà con oltre mille ettari di terreni specializzati nella produzione di vini e circa 6000 ettari di vigneti promiscui con altre colture.
Qual è l’origine del nome Franciacorta?
L’origine del nome è legata alla presenza in questo territorio di monasteri cluniacensi, cistercensi, che erano arrivati in questa zona dalla Cluny in Borgogna e che nel XI secolo governavano il territorio. Monasteri molto potenti che pertanto erano liberi dal pagamento del dazio. Erano quindi delle Franche corte, cioè delle corti monastiche libere da tasse. Da franche corte ecco l’origine del nome Franciacorta.
Se è inscindibile il legame vino e territorio, quanto è importante la tutela del territorio per garantire la qualità delle produzioni?
È determinante e non è un caso che i vigneti, in Franciacorta, siano ormai per oltre il 65% convertiti a biologico, con la consapevolezza che solo assecondando la natura è possibile, nel tempo, ottenere risultati duraturi, in termini di resa e qualità. E non è un caso neppure che, in Franciacorta, la vendemmia sia condotta manualmente, facendo in modo che gli acini possano giungere alla spremitura integri, senza perdere anche solo una parte della loro potenzialità. Questa stessa cura e questo stesso rispetto, contraddistinguono le fasi di pressatura soffice, il frazionamento dei mosti e la lenta rifermentazione in bottiglia a contatto con i lieviti, che nelle nostre cantine si prolunga da minimo 18 mesi fino a 30 mesi per i millesimati e a 60 per le riserve, prima della sboccatura. Un disciplinare rigoroso, che non ammette deroghe e, per sua stessa natura, non considera la fretta.
Qual è oggi il compito più importante del Consorzio di tutela?
Oltre al compito principale di garantire e controllare il rispetto del disciplinare di produzione del vino Franciacorta DOP, il Consorzio deve promuovere il territorio e i suoi vini, le sue tradizioni e i suoi tesori: un ruolo al quale il nostro Consorzio non intende venir meno, consapevole che proprio dallo stretto connubio tra territorio e vino può scaturire quella scintilla che si traduce in passione. Perché se in un bicchiere si percepisce tutto quello che abbiamo detto, è solo venendo in Franciacorta, trascorrendo del tempo in questo territorio, visitando le nostre cantine che l’esperienza di tipo sensoriale si può trasformare in una vera e propria esperienza di piacere.
Per questo è nato il format del Franciacorta Summer Festival? Un evento diffuso sul territorio con tante iniziative tra Food&Wine, sport e natura, arte e cultura?
Sì, anche questo è uno dei compiti del Consorzio, che insieme a La Strada del Franciacorta, si impegna a promuovere il territorio organizzando eventi e occasioni di incontro. In estate c’è il Franciacorta Summer festival, ma cerchiamo di proporre iniziative tutto l’anno. La Franciacorta fa innamorare chi la conosce o la frequenta, anche solo per poco. È unica per la proposta che sa offrire, regalando emozioni a non finire: dal piacere per la buona tavola al gusto per un paesaggio naturale di rara varietà, dal lago d’Iseo alle colline, dall’incontro con la storia e con l’arte alla riscoperta del benessere e del relax all’aria aperta. Un ecosistema urbanizzato, in cui cultura rurale e industriale convivono e in cui, grazie anche al recente Piano Territoriale Regionale d’Area che il Consorzio ha fortemente voluto, ogni scelta di programmazione urbanistica dovrà, sempre più in futuro, rispettare i delicati equilibri della natura. Questa straordinaria ricchezza, tutta da vivere, è a portata di mano: collocata nel cuore della Lombardia a solo mezz’ora in auto da Milano, facilmente raggiungibile dall’estero grazie agli aeroporti di Orio e Linate, la Franciacorta è un’oasi di natura e cultura che sa affascinare e conquistare, una volta che la si scopre.
A cura di Marilena Pallai
Fonte: Consortium 2019/03