Nel 1992, quando vennero certificati i primi prodotti agroalimentari geografici, l`idea di New Green Deal neanche esisteva. O meglio, era solo una vaga idea di qualche visionario considerato stravagante, e pertciò inascoltato. «Oggi possiamo forse dire che Dop e Igp hanno anticipato la moderna percezione della qualità». Ne è fortemente convinto il direttore generale dell`Ismea, Raffaele Borriello. Il Rapporto 2019 Qualivita-Ismea sulle produzioni agroalimentari e vitivinicole italiane a denominazione geografica protetta dimostra che la Dop Economy italiana vola: supera i 16,2 miliardi di euro di valore (con una crescita del 6% in un anno), esporta per 9 miliardi di euro (+ 2,5%). Solo per il food vale 7,6 miliardi di euro di fatturato. Il comprato dà lavoro a 180 mila addetti nelle aziende associate a 285 consorzi di tutela. «Sono prodotti – commenta la ministra all`Agricoltura Teresa Bella nova- che avendo le loro radici nei territori sono la nostra identità e per questo sono così apprezzati e imitati nel mondo». «Al di là dei numeri – dice Borriello – ogni produzione certificata possiede tutte le premesse (tracciabilità, conservazione della biodiversità e tutela del paesaggio) per il raggiungimento degli obiet- tivi del New Green Deal o almeno di molti dei suoi punti qualificanti».
Al mondo della qualità alimentare è legato strettamente anche il turismo dei territori agricoli. «Le aziende del settore – afferma Mauro Rosati, direttore generale di Qualivita che ha firmato lo studio hanno davvero plasmato il territorio, creando le condizioni per una rinnovata esperienza turistica sempre più ricca». «Il modello del mondo del vino che concepisce la cantina come luogo non solo per produrre vino, ma anche per conoscerlo e acquistarlo – aggiunge il direttore di Qualivita – si è esteso ai comparti di olio, aceti, formaggi e salumi». Negli ultimi dieci anni Dop e Igp sono riusciti ad affrontare la sfida alla crisi meglio degli omologhi convenzionali: per esempio, le vendite di formaggi sono cresciute certificati sono cresciute del +2 % in quantità e del +1,5% in valore, contro quelle dei formaggi senza indicazione geografica che invece registrano un calo del -1,6% in volume e un incremento in valore del +0,6%. Le produzioni Dop e Igp valgono il 20% del fatturato complessivo dell`agroalimentare con una crescita trainata dal comparto vino (+7,9%) che eccelle anche nell`export. I formaggi rappresentano la quota più alta (57 % del totale) e guidano la classifica dei prodotti con più valore alla produzione (4,1 miliardi). I big sono Parmigiano reggiano (quasi1,5 miliardi) e Grana padano (1,2), seguiti daProsciutto di Parma, Mozzarella di bufala campana, Aceto balsamico di Modena e Gorgonzola. Prosecco (702 milioni) e Prosecco Valdobbiadene (188 milioni) sono le prime dop del vino per valore.
Nessuna provincia italiana è priva di almeno un prodotto tutelato, ma la concentrazione del valore è particolarmente forte in alcune realtà. In testa Treviso (1,76 miliardi), seguita da Parma (3,41) e Verona (1,15). In cinque regioni si supera il miliardo di euro di valore. Nella classifica di Ismea-Qualivita svetta il Veneto con 3,90 miliardi di euro, seguita dall`Emilia-Romagna con 3,41 miliardi e dalla Lombardia con 1,96 miliardi. In particolare nel settore food a guidare la classifica sono Emilia Romagna e Lombardia. Nel vino in testa il Veneto, seguito da Toscana e Piemonte. L`universo italiano delle Dop e Igp è composto da 824 riconoscimenti (300 nel comparto del food e 524 in quello del vino) che danno all`Italia il primato di Paese con il maggior numero di prodotti certificati, prima della Francia (686) e della Spagna (336). «Ciò significa – afferma Rosati – maggiore responsabilità dell`Italia rispetto agli altri Paesi e una presenza costante ai tavoli comunitari, visto che siamo i maggiori rappresentanti e beneficiari del sistema delle certificazioni agroalimentari».
Fonte: Il Messaggero