Assalzoo, Aires, Ami, Compag e Origin Italia denunciano una forte perdita dei sostegni economici alla filiera cerealicola e chiedono alle istituzioni sia di modificare le scelte già fatte, sia di prevedere nuovi interventi specifici per il settore
Diverse componenti della filiera cerealicola italiana, con particolare riferimento a quelle coinvolte nel settore del mais e del frumento, ritengono penalizzanti le scelte formulate per l’applicazione della nuova PAC 2023-2027 e sono impegnate per chiedere modifiche al Piano strategico nazionale.
Poco prima della fine dell’anno, è stata trasmessa una nota al Ministro delle politiche agricole, Stefano Patuanelli, indirizzata anche agli assessori delle Regioni Piemonte, Lombardia, Veneto, Friuli Venezia Giulia ed Emilia-Romagna, con la quale sono state evidenziate tutte le criticità a carico di produzioni fondamentali per l’agroalimentare nazionale, come il frumento duro e tenero, il mais e gli altri cereali foraggeri, i quali, per effetto della riforma, subiranno una consistente perdita dei pagamenti diretti disaccoppiati legati ai titoli storici e al greening, con scarse possibilità di recuperare i tagli subiti attraverso l’adesione al regime ecologico e al sostegno accoppiato.
Assalzoo, Aires, Ami, Compag e Origin Italia hanno espresso la loro preoccupazione e hanno lanciato un appello alle istituzioni, chiedendo di considerare attentamente le conseguenze delle decisioni prese e manifestare la disponibilità a prevedere modifiche e integrazioni, sia nella parte relativa al Primo pilastro (pagamenti diretti), sia in quella degli interventi dello sviluppo rurale (Secondo pilastro).
In particolare, una delle richieste formulate riguarda il nuovo regime ecologico che, così come impostato nel Piano strategico nazionale, non consente ai coltivatori di seminativi di potervi accedere, in quanto sono previsti dei vincoli, in termini di divieto assoluto di utilizzo dei prodotti fitosanitari, che comportano una insormontabile barriera per le imprese italiane. Si chiede pertanto di prevedere, in luogo del divieto oggi stabilito, un percorso di riduzione progressiva dell’impiego di tali mezzi di difesa, anche tramite le tecniche dell’agricoltura di precisione.
In tal modo si darebbe la possibilità di un adattamento graduale, senza incidere sul potenziale produttivo di queste fondamentali colture del settore primario nazionale. In effetti, le organizzazioni della filiera cerealicola e del mais ritengono di avere fondate ragioni a giustificazione della loro presa di posizione, in quanto le statistiche ufficiali dimostrano in maniera evidente la grave perdita del potenziale produttivo dell’Italia su materie prime fondamentali per l’alimentazione umana e zootecnica.
Le possibilità di rimediare a una situazione che oggi appare piuttosto critica ci sono, sia modificando le scelte già sancite nella prima versione del Piano strategico nazionale, sia prevedendo nuovi interventi specifici verso il fondamentale settore dei seminativi. A tale riguardo è stata formulata l’ipotesi di agire sul capitolo del sostegno accoppiato, a favore del quale c’è uno stanziamento di oltre 500 milioni di euro per anno e si è prospettata la possibilità di utilizzare la leva degli interventi di sviluppo rurale gestiti dalle Regioni e dalle Province autonome.
Fonte: Informatore Agrario