FederDop Olio, la Federazione Nazionale dei Consorzi volontari per la tutela delle Denominazioni di Origine Protetta degli oli extravergine di oliva italiani, nasce nel 2003 per supportare i Consorzi delle diverse DOP nel loro percorso di crescita e di affermazione sul mercato, con azioni di informazione, valorizzazione, promozione, tutela e, soprattutto, per difendere la vera produzione DOP italiana. Dal 2003 molte cose sono cambiate sia nel settore sia all’interno dell’associazione stessa che, con la presidenza di Fabrizio Filippi e il riconoscimento di sette IGP olearie regionali, punta a un profondo rinnovamento della Federazione per far fronte alle mutate condizioni del settore olivicolo italiano, ai numerosissimi adempimenti richiesti e alla necessità di avere un interlocutore unico che si interfacci con il Mipaaf. Grande esperto del comparto, Filippi è da anni alla guida degli olivicoltori toscani in qualità di presidente del Consorzio Olio Toscano IGP che, con oltre 11mila soci e 7 milioni di piante certificate IGP, a livello numerico è il più importante Consorzio italiano di olio certificato.
Presidente Filippi quanti Consorzi aderiscono a FederDop e qual è il ruolo di questa associazione? Attualmente aderiscono 12 Consorzi di diverse regioni italiane. La Federazione, fin dal 2003, ha lavorato per rappresentare gli interessi delle produzioni italiane di oli DOP e IGP e promuovere lo sviluppo del settore attraverso la cooperazione e il coordinamento di tutti i portatori d’interesse, facendosi portavoce in sede istituzionale delle esigenze collettive del comparto. Non siamo in molti, ma adesso ci sono i prsupposti per rimettere insieme tutti alla luce delle mutate condizioni del comparto. Nel 2003 c’erano tante piccole DOP e solo l’IGP Toscano; oggi le IGP regionali riconosciute e operative sono sette. Lo scenario è dunque mutato e bisogna tener conto di questo per riscrivere la rappresentanza. Ciò non significa che le piccole DOP abbiano perso di valore, anzi, sono diventate determinanti sul territorio e giocano un ruolo fondamentale a livello locale e, alcune, anche ben oltre al territorio, ma non sono la maggior parte. Ho accettato questa sfida della presidenza perché credo che questo sia il momento per cambiare; siamo entrati anche in Origin Italia per dare voce a un settore che rischia di essere molto frammentato e di non riuscire a incidere nelle politiche che lo riguardano. È tutto da costruire per FederDop Olio e il primo passo è riuscire a coinvolgere il maggior numero possibile di Consorzi per fare squadra, anche attraverso una comunicazione nuova. Posso dire che la mia presidenza di FederDop Olio parte da zero: nonostante ci sia tanta storia alle spalle e rispetto ai cambiamenti avvenuti, partiamo con un’altra marcia.
Quanto è importante e strategico fare squadra per il rilancio economico del comparto agroalimentare e per il rafforzamento del settore dell’olio DOP IGP? Il settore degli oli DOP e IGP svolge un ruolo cruciale e trainante nel contesto olivicolo-oleario italiano; ciononostante, non viene ancora sufficientemente valorizzato o riconosciuto e ha, dunque, estremo bisogno di unità per far sentire la propria voce in maniera autorevole e compatta, sostenendo con forza le tante esigenze comuni. Alla luce di un mondo frammentato e disomogeneo come quello dell’olio, fare squadra è quindi determinante. La pandemia, per esempio, non ha inciso sugli scambi dei grandi numeri, ma ha colpito le aziende piccole, che hanno pagato il lockdown a caro prezzo. I dati più recenti ci dicono che il mercato va bene, che le richieste sono in aumento, ma che ancora non cresce la produzione. Gli investimenti ci sono stati, anche se i risultati si vedranno nei prossimi anni perché ci sono tanti impianti nuovi che presto entreranno in produzione.
Cosa rappresentano le DOP IGP dell’olio per il made in Italy? Possono essere considerate l’elemento trainante degli oli extravergine di oliva italiani? L’Italia possiede il più vasto patrimonio varietale olivicolo del mondo: oltre 500 cultivar autoctone. Questa incomparabile biodiversità, l’eterogeneità delle aree olivicole vocate e le peculiari competenze che contraddistinguono i nostri territori sono rappresentate e valorizzate dagli oli con certificazione di origine DOP o IGP. Il nostro Paese vanta oggi ben 49 oli a denominazione: si tratta di un primato assoluto, non solo in termini numerici, ma anche in termini di distintività e riconoscibilità, che costituiscono elementi preziosi per il posizionamento di tutto il settore olivicolo italiano all’estero. Il comparto degli oli a Denominazione di Origine dà espressione all’immenso patrimonio varietale e territoriale della Penisola e, con la sua altissima propensione all’export (la quota destinata ai mercati esterni per talune denominazioni va dal 50% al 70%), rappresenta spesso nel mondo il meglio della produzione olivicola italiana in termini di qualità e riconoscibilità.
Cosa c’è nel futuro dell’olivicoltura italiana e, soprattutto, come dovranno rafforzarsi le DOP IGP dell’olio per avere un ruolo sempre più definito? Il futuro ci pone di fronte sfide e opportunità. Solo per citarne alcune: il cambiamento climatico, l’incremento sostenibile delle produzioni, la valorizzazione del patrimonio olivicolo autoctono del nostro Paese, la diffusione della cultura dell’olio, la regolamentazione dei mercati, l’oleoturismo, la revisione dei Disciplinari di produzione, la protezione delle denominazioni sui mercati. I Consorzi DOP e IGP dovranno condividere esperienze e competenze, trovare denominatori comuni, fare rete ed unirsi, sia per far emergere e sostenere in modo efficace le esigenze del comparto in sede istituzionale sia per lavorare in sinergia alla difesa dei propri interessi comuni.
La pandemia ha colpito di fatto tutti i settori: quanto ne ha risentito il comparto degli oli certificati? Come ho già detto, ne hanno risentito soprattutto le piccole aziende che lavorano con Horeca e turismo. Dobbiamo valorizzare la grande biodiversità, il grande patrimonio varietale che abbiamo in Italia, ampliando così la gamma di sensazioni, profumi e sapori. I prodotti omogenei, anche se buoni, valgono sicuramente meno. È il grande patrimonio varietale italiano che dobbiamo valorizzare e difendere.
Con produzioni inferiori ad altri Paesi, come può l’Italia mantenere la sua leadership? L’Italia ha sicuramente la leadership qualitativa. Questo non è scontato: dobbiamo sempre adeguarci e investire perché anche altri Paesi stanno crescendo qualitativamente. Certo, non possiamo misurarci sulle grandi quantità a basso costo, perché saremmo perdenti. Dobbiamo, invece, esaltare la biodiversità italiana fatta di tantissimi territori e di produzioni di eccellenza.
C’è il rischio di introduzione di varietà di olive non autoctone per aumentare la produzione? È un fenomeno presente, ma non credo che sia il futuro dell’olivicoltura italiana. Queste olive non danno un prodotto di elevata qualità, possono dare risposte solo in termini quantitativi. Va considerato che non produciamo neanche la metà dell’olio che consumiamo, quindi è comprensibile che qualcuno faccia investimenti in quella direzione. Sono però convito che saremo vincenti se punteremo molto sulla straordinaria biodiversità italiana.
Fonte: Consortium 2021_03