Ricci Curbastro: “L’attuale sistema delle Denominazioni italiane mostra delle criticità che non possiamo più ignorare”
Riccardo Ricci Curbastro è il presidente di Federdoc, la Confederazione Nazionale dei Consorzi di Tutela dei Vini a Denominazione di Origine che da oltre 30 anni tutela e promuove il patrimonio vitivinicolo italiano a livello nazionale e internazionale e tutte le aziende coinvolte.
Presidente, di recente è tornato a sottolineare l’esigenza di un cambiamento del volto delle Denominazioni italiane per garantire, nel futuro, perfomances degne dell’unicità del nostro territorio e della nostra tradizione. Questo nuovo sistema di “Denominazioni 2.0” come dovrebbe configurarsi?
L’attuale sistema delle Denominazioni italiane ha mostrato delle criticità che non possiamo più ignorare. Il numero di DOC 334 e DOCG 74 riconosciute in questi anni è a nostro parere eccessivo. Questo primato non si è rivelato un valore aggiunto, ma ha penalizzato strategie di informazione, di promozione e di tutela rendendo le azioni messe in campo spesso non efficaci, circostanza confermata anche dai dati dell’ultimo studio sulle DO ed IG dell’Osservatorio del vino di UIV. È evidente il bisogno di cambiare, compattando il più possibile la nostra realtà viticola, per comunicare ai mercati informazioni in grado di orientare realmente le scelte di acquisto dei consumatori e per attuare, allo stesso tempo, azioni di tutela più incisive, mediante gli accordi bilaterali, sui mercati internazionali. Un’operazione di sintesi, questa, che può essere realizzata: eliminando innanzitutto le Denominazioni non rivendicate, frutto di campanilismi o azioni politiche e perlopiù inesistenti sul mercato, e accorpando sotto un’unica DO le realtà più piccole che potrebbero diventare così sottozone di pregio.
Sarà complesso arrivare a questo cambiamento?
Si tratta di un cambiamento che richiederà tempo ed impegno e che coinvolgerà tutti gli attori del settore, partendo dal basso per poi salire verso gli organismi di gestione e le Istituzioni. I produttori, per primi, dovranno comprendere che i loro sforzi potranno avere una rispondenza sul mercato solo facendo sistema, offrendo ai consumatori un panorama meno dispersivo e frammentato ma ugualmente rappresentativo della varietà esistente; i Consorzi di tutela dovranno fare da perno, come punto d’incontro di tutta la filiera produttiva, favorendo le sinergie per la realizzazione di progetti ed indirizzi di gestione comuni; infine le Istituzioni avranno il compito di dare attuazione alla politica di aggregazione riducendo il numero di riconoscimenti delle Denominazioni ed indirizzando le richieste degli operatori verso soluzioni diverse, ugualmente apprezzabili, in grado di dare un’ immagine più coerente e competitiva al settore.
E i Consorzi di tutela come dovrebbero contribuire a questo cambiamento?
Come sottolineato in precedenza, i Consorzi di tutela avranno un ruolo determinante in quanto, aggregando al proprio interno l’intera filiera produttiva, rappresentano il soggetto ideale per creare delle strategie di sistema.Attualmente, le analisi di mercato dimostrano che le realtà produttive italiane che funzionano meglio hanno sempre alle spalle dei Consorzi che lavorano. Segno evidente che per avere successo e funzionare correttamente è necessario associarsi e condividere. Per rilanciare le nostre Denominazioni, costrette a confrontarsi con competitors sempre più agguerriti per conquistare e consolidare posizioni in mercati sempre più complessi, è fondamentale usare il momento associativo come strumento di ascolto delle esigenze di mercato e di pianificazione.
A cura di Elena Conti
Fonte: Consortium 2019/02