Farro, la rivincita dei cereali minori in crescita produzione e consumi Vendite aumentate del 14,5%, superfici vicine ai 4mila ettari nserito alla voce «Altri cereali» nell’indagine congiunturale sulle coltivazioni dell Istat — insieme a segale, triticale e cosi via — è difficile fare una stima esatta della produzione di farro in Italia. Ma di certo questo frumento si trova oggi al centro di un ritrovato interesse per un insieme di fattori concomitanti legati alla riscoperta di cibi tipici e alternativi, a provvedimenti di politica agraria volti a diversificare gli indirizzi produttivi ed al recupero di aree marginali e svantaggiate. alla accresciuta sensibilità nei riguardi della conservazione di specie agrarie a rischio di estinzione o di erosione genetica, alle opportunità legate al recupero di tradizioni e di valori storico-culturali.
Nella sua recente pubblicazione «Biodiversità e cultura nelle certificazioni», il prof. Fabio Fatichenti dell’Università di Perugia stima in 2000 gli ettari di farro coltivati oggi in Italia (erano 5 mila nel 1929, scesi a poche centinaia all’inizio degli anni ’90), quasi tutti nella tipologia dicocco (medio), un po’ meno in in quella spella (grande), praticamente assenti nella mono-cocco (piccolo). Ma c’è chi è pronto a scommettere che la somma dei minuscoli appezzamenti — tra le migliaia di aziende agrarie che hanno scelto la coltivazione di questo cereale — sia quest’anno arrivata a 4mila ettari. Di sicuro è presente prevalentemente nell’Italia centrale, con produzioni maggiori in Toscana, Umbria e Marche, e due prestigiose certificazioni: Farro della Garfagnana IGP e Farro Monteleone di Spoleto Dop. Ma anche qui si parla di piccolissimi numeri: una cinquantina di produttori nel primo caso per circa 130 ettari, sulla trentina di aziende coinvolte nel secondo per poco meno di 70 ettari. Le rese restar variabili da zona a zona e da annata ad annata, passando dai 15 ai 25 quintali ad ettaro. Alla borsa merci di Bologna ha una quotazione che varia dai 13 ai 18 euro al quintale a seconda delle tipologie.
Eppure, come detto, le prospettive sono molto interessanti: il rapporto «Cereal Retail Sales in Italy» pubblicato dalla società di ricerca Nielsen, rei mostrare come il consumo di cereali nel nostro paese abbia raggiunto in un anno (da maggio 2014 a maggio 2015) le 7.715 tonnellate con una crescita del 23% rispetto all’anno precedente, evidenzia come sulle passerelle che portano ai fornelli è proprio il farm ad avere più successo di tutti. Le sue vendite hanno infatti superato le 2.605 tonnellate, in aumento del 14,5%, con un prezzo medio di 4,61 euro al chilo. Da un punto di vista agronomico il farm riesce ad adattarsi grazie soprattutto alla rusticità, alle modeste esigenze in fatto di fertilità dei terreni, alla resistenza al freddo; ma anche in virtù di caratteristiche morfologiche e fisiologiche che risuherebbero del tutto improprie a sistemi colturali intensivi.
Fonte: Agrisole – Il Sole 24 ore