L’Italia delle posizioni contrapposte. Una nota stampa del Comitato promotore dell’oliva Taggiasca spiega con chiarezza il perché non sia convincente la recente proposta di una Dop “Oliva Liguria di Ponente”. Sono considerate infatti “ipotesi fantasiose e inutili” quelle relative alla “mappatura genetica dei singoli alberi d’ulivo”. Inoltre, lo storico Comitato cui aderiscono in modo convinto Cia, Coldiretti, Confagricoltura, Unione Industriali, Camere di Commercio della Liguria e Consorzio di Tutela dell’olio DOP Riviera Ligure, nasce proprio a difesa della varietà Taggiasca e segna la strada da seguire
Si apprezza il cambiamento di rotta compiuto dal Comitato “Salvataggiasca”, il quale è passato da una fase di mera contrarietà ad una fase propositiva; è un passaggio che sancisce l’ammissione e la presa di coscienza anche da parte dei componenti del Comitato del rischio grave e concreto che corrono le nostre produzioni e della conseguente necessità di addivenire al riconoscimento di una denominazione protetta. La presente proposta supera, speriamo definitivamente, ipotesi fantasiose e inutili come quella della mappatura genetica dei singoli alberi d’ulivo, ipotesi che paradossalmente ha tenuto banco per mesi nelle discussioni del Comitato “Salvataggiasca” Tuttavia, la proposta di DOP del Comitato “Salvataggiasca”, così come è stata presentata nell’incontro di martedì 9 Maggio ad Imperia, ci pare un’iniziativa di scarsa efficacia e di difficile realizzazione.
Ed infatti :
-la denominazione “Oliva Liguria di Ponente” non contiene e non valorizza il termine “Taggiasca”, vero elemento distintivo e qualificante delle nostre produzioni di olio e di olive da mensa; pertanto il termine “Taggiasca” potrebbe essere utilizzato in modo continuativo e libero senza alcun controllo da chiunque ed in qualsiasi territorio, anche al di fuori di un sistema che ne certifichi l’origine e la qualità;
– la denominazione prescelta ricalca lo stesso schema seguito, più di vent’anni fa, per la DOP dell’olio extravergine “Riviera Ligure”. Nell’ottica della precedente affermazione, non si riesce a trarre insegnamento dall’esperienza pregressa e dagli errori compiuti in tale impegno;
– l’opzione della “Taggiasca libera” sarebbe esente da controlli e costi di certificazione, ma si porrebbe accanto ad una DOP che prevede, oltre i consueti oneri, l’analisi del DNA: ne risulta una DOP esclusiva e residuale, patrimonio di pochi operatori che possiedono le risorse per sostenere l’impegno economico per codesta analisi;
– l’iniziativa proposta non può escludere la possibilità di trovare sugli scaffali degli esercizi commerciali le confezioni di olive taggiasche provenienti da ogni parte del pianeta a prezzi di gran lunga inferiori alle confezioni certificate DOP.
Infine la denominazione “Oliva Liguria di Ponente” non esiste nel commercio, nelle tradizioni, nella storia, nel costume, negli usi e nelle consuetudini del nostro territorio e pertanto non può trovare, per mancanza di questi presupposti, uno specifico riconoscimento da parte del Ministero e dell’Unione Europea.
Fonte: Olio Officina