Panorama
Qualche settimana fa, a un pranzo organizzato a Roma, l’ambasciatore americano David Thorne, noto gourmand e chef di mirabolanti uova strapazzate, lamentava la difficoltà di reperire prodotti etnici in Italia. «In America, se hai voglia di cucinare thailandese o vietnamita, basta andare al market sotto casa. Da voi invece il cibo locale è così buono che si mangia soprattutto quello. La mia croce è quando preparo il pranzo del Ringraziamento. Dove trovare i veri cranberry a Roma? E le patate dolci? Così spesso aggiungo ingredienti italiani. Il Thanksgiving un po’ globalizzato che ne viene fuori è divertente, ma confesso che i sapori di casa mi mancano un po’». Lo stesso problema ha incontrato, trapiantato a Milano da Parigi in primavera, Gabriele Faggionato, eclettico chef del ristorante Amaltea. Perché in Italia l’etnico va come un treno, il punto è sapere dove andare per non incappare in deludenti imitazioni. Negli ultimi 10 anni, infatti, il numero dei ristoranti etnici è salito del 72 per cento, con ristoranti e bar stranieri aumentati, nella sola Milano, dell’11,6 per cento (dati Infocamere e camera di commercio).