Per rafforzarsi sui mercati extra-Ue il sistema ortofrutticolo deve accelerare sulla ricerca di nuove varietà. L’export, come evidenzia il primo rapporto Nomisma-Unaproa, presentato a fine marzo a Roma, «presuppone infatti un’organizzazione che coinvolge tutti gli attori della filiera, dalle imprese agricole, alle cooperative, ai grossisti». E comunque, «per essere in grado di commercializzare efficacemente un prodotto ortofrutticolo su un mercato estero è necessario disporre di competenze ed esperienze, che spaziano da aspetti tecnologici in fase di produzione e logistica, ad aspetti di marketing, fino alla conoscenza della domanda».
In aggiunta, miscelando capacità produttiva, entità dei consumi domestici e gamma di prodotti offerti, si può arrivare a quel mix di ingredienti che rendono un paese competitivo, o meno, sul fronte dell’export. E qui l’Italia – primo produttore risulta però in ritardo rispetto ad altri partner europei. A partire dal confronto con la «solita» Spagna, che nel 2014 ha esportato nel mondo frutta e ortaggi per quasi 12 miliardi di euro: quasi il quadruplo rispetto ai 4,33 miliardi realizzati dall’Italia.
Fonte: Il Sole 24 Ore Agrisole