Made in Italy. Le insidie maggiori arrivano da quei Paesi che non sono tenuti a rispettare gli stessi elevati standard imposti dalla Ue su pesticidi e allevamenti intensivi. Restano comunque ampi margini di crescita specialmente nell’area asiatica e del Medio Oriente.
Le esportazioni alimentari italiane sono cresciute anche nel 2023, superando i 53 miliardi di euro. Ma il made in Italy non può sedersi sugli allori, perché la concorrenza di altri big europei del settore avanza.
E proprio l’export, grande volano dell’industria italiana della trasformazione, sarà tra i temi più caldi di cui si parlerà nell’edizione 2024 di Cibus, la fiera del settore alimentare che apre i battenti oggi a Parma.
“Il nuovo contesto competitivo necessitava di un osservatorio comparato e globale sulle performance del nostro export agroalimentare”, spiega Antonio Cellie, ad di Fiere di Parma, che insieme a Federalimentare organizza Cibus. “Per questo – prosegue – con il team dell’Università Cattolica abbiamo raccolto e mappato le esportazioni di food & beverage degli altri Paesi, sia quelli europei che quelli extra-Ue, con cui già competiamo o competeremo in futuro. Ne è emerso un quadro chiarissimo: se da un lato le performance italiane negli ultimi anni si confermano migliori soprattutto nei confronti di Francia e Germania, in parallelo assistiamo alla crescita di competitor storici, come la Spagna, o emergenti come la Polonia“.
Oltre i confini europei, invece, la concorrenza da temere di più è quella sleale, da parte cioè di quei Paesi che non sono tenuti a rispettare gli stessi elevati standard imposti dall’Unione europea: “Oltreoceano – spiega Cellie – alcune realtà godono di asimmetrie regolatorie, dall’uso dei pesticidi alla zootecnia intensiva, che le stanno avvantaggiando nel contesto globale. Se l’Europa, che resta il continente leader mondiale delle esportazioni agroalimentari con il 40,4% di quota, saprà supportare il settore, abbiamo ancora ampi margini di crescita”.
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Fonte: Sole 24 Ore