La previsione per l’export agroalimentare made in Italy nel 2017, è il superamento dei 40 miliardi di euro (+6% sul 2016), un record che deriva particolarmente da prodotti come vino, salumi e formaggi che in questi ultimi mesi hanno accresciute le vendite tra il +7 e il +9%, e che vede i propri clienti più promettenti nei Paesi extra-UE che, seppure rappresentino ancora meno del 35% dell’export totale, segnano in alcuni casi tassi di crescita in doppia cifra (ad esempio, Russia e Cina segnano un +20%).
Elementi di traino del settore si confermano i prodotti DOP e IGP, i veri simboli del made in Italy sempre più orientati verso i mercati internazionali, che saranno protagonisti di un’analisi socio-economica specifica con il Rapporto Ismea-Qualivita 2017 che sarà presentato nel prossimo mese di Dicembre a Roma.
Sono alcuni dei risultati riportati dall’Agrifood Monitor di Nomisma che, accanto a questi numeri di successo, sottolinea come il 60% delle vendite all’estero arriva da appena 4 regioni: Veneto, Lombardia, Emilia Romagna e Piemonte, mentre il mezzogiorno del Paese conta per meno del 20% del totale. A fare la differenza sono le condizioni strutturali del settore agricolo e agroalimentare, con la presenza al Nord di imprese più dimensionate, di reti infrastrutturali più sviluppate, oltre che di produzioni alimentari maggiormente orientate al mercato
E la crescita delle esportazioni è in legame diretto con il mercato interno. «L’aumento dell’export unito a un consolidamento della ripresa dei consumi alimentari sul mercato nazionale (+1,1% le vendite alimentari nei primi 9 mesi di quest’anno rispetto al 2016) – spiega Denis Pantini, Responsabile dell’Area Agroalimentare di Nomisma -, prefigurano un 2017 all’insegna della crescita economica per le imprese della filiera agroalimentare». Più in generale, sempre secondo Nomisma, il settore dal campo al dettaglio e alla ristorazione vale oggi «oltre 130 miliardi di euro di valore aggiunto (9% del Pil), genera lavoro per oltre 3,2 milioni di occupati (13% del totale) e coinvolge 1,3 milioni di imprese».
Fonte: Avvenire