Il Sole 24 Ore
Il regolamento sul “Made In” – cioè la norma per introdurre l’obbligo di etichettatura di origine sui beni prodotti in Ue o importati dai Paesi extracomunitari (tranne i farmaci) – non potrà essere approvato entro il semestre di presidenza italiano. Era nell’aria, ma ora è una certezza. Martedì, infatti, i “tecnici” del Consiglio Ue hanno dato il via libera alla richiesta – avanzata in una lettera lo scorso marzo da alcuni Paesi tradizionalmente contrari alla norma, come Regno Unito, Germania e Svezia – di un’ulteriore analisi sui costi che potrebbero derivare da una certificazione obbligatoria sull’origine dei prodotti delle imprese Ue. L’analisi dovrà vertere su 3 elementi: costi per le imprese («diretti e indiretti e, se possibile, in termini monetari» si legge nella lettera, «soprattutto per le Pmi e le micro-entità»), aggravi di adempimenti amministrativi e costi burocratici («administrative burdens») e percezione dei consumatori rispetto a come la “tracciabilità” dei prodotti potrebbe influire sui comportamenti d’acquisto.
L’analisi non includerà interviste o indagini empiriche ma valutazioni di «istituzioni indipendenti, letteratura accademica e pareri provenienti da associazioni imprenditoriali e dei consumatori dei vari Paesi».