L’attività enoturistica ha natura di attività agricola connessa se svolta dalle imprese agricole, ma è esercitabile anche da imprenditori del settore agroalimentare. È in arrivo il decreto interministeriale che regola l’attività di enoturismo (introdotta dalla legge 205/2017, articolo i, commi da 502 a 505). Secondo la norma, l’enoturismo consiste nella conoscenza del vino con attività espletate nel luogo di produzione, visite nei luoghi di coltura e di produzione, di esposizione degli strumenti utili perla coltivazione della vite, la degustazione e la commercializzazione delle produzioni vitivinicole aziendali, anche in abbinamento ad alimenti e iniziative di carattere didattico e ricreativo nell’ambito della cantina.
La bozza di decreto interministeriale insiste anche sulle attività formative e informative rivolte alle produzioni vitivinicole e la conoscenza delle indicazioni geografiche (DOP, IGP), nonché sulle attività di carattere didattico aventi ad oggetto la storia e la pratica della attività vitivinicola ed enologica, compresa la vendemmia didattica. Sono ovviamente comprese le attività di degustazione e commercializzazione delle produzioni vitivinicole aziendali con l’abbinamento di alimenti (freddi).
Il decreto porta la rubrica «linee guida e indirizzi in merito ai requisiti e agli standard minimi di qualità per l’esercizio dell’attività enoturistica». Il provvedimento impone l’apertura settimanale o stagionale con un minimo di tre giorni comprendendo anche i festivi; gli operatori devono essere dotati di strumenti informatici per le prenotazioni, devono dare visibilità con cartellonistica che indichi la attività, le brochure vanno stampate in almeno tre lingue e devono evidenziare le attrazioni turistiche della zona. Inoltre gli ambienti devono essere dedicati e attrezzati per l’accoglienza e gli addetti, titolari o dipendenti devono essere preparati. La degustazione deve essere fatta con calici di vetro o altro materiale che non alteri le proprietà organolettiche del prodotto.
Fonte: Il Sole 24 ore